E invece lui parla. Potrebbe rimanersene lì in santa pace a godersi i cinquant’anni di successi mettendoci pure un po’ di orgoglio. Macché: Gino Paoli non si ferma, a 75 anni continua a ripetere di «avere un gran culo» e va avanti così spedito che manco un trentenne. Adesso, tanto per non farsi mancare nulla, reincide pure Il cielo in una stanza con Carla Bruni, mica una qualunque, e lo piazza dentro Senza fine, la sua raccolta più completa, qualcosa come due cd e un dvd con tutto quello che serve per capire Gino Paoli: la musica, le parole, le immagini di quello spirito molto folle e moltissimo rock che è l’unico cantante italiano a non aver mai fatto retromarcia, neanche un centimetro.
A proposito di centimetri, caro Gino Paoli, come sta la pallottola che ha ancora nel cuore?
«Io ormai me ne sono dimenticato. Due mesi dopo il mio tentativo di suicidio, ho smesso di occuparmene: è lì, sta bene ma non ci faccio caso».
Si sparò quando aveva appena pubblicato «Sapore di sale», che ora è finita in questo doppio cd «Senza fine».
«Fa parte delle canzoni che mi rappresentano. Quando le ho riascoltate, specialmente quelle vecchie, mi sembravano scritte da un altro».
Prego?
«In effetti io quarant’anni fa ero un’altra persona. Perciò di qualcuna, come Da parte di lei o Una di quelle o È facile amarti, ne ho fatto una versione nuova».
Più nuova de «Il cielo in una stanza» è impossibile. È stata tradotta in francese, ora si intitola «Le ciel dans ma chambre».
«E l’adattamento del testo l’ha fatto proprio Carla Bruni».
Addirittura.
«Ha avuto solo difficoltà nella traduzione del concetto di “soffitto viola”. Diceva che in francese non c’è un’espressione analoga. Ma ha trovato la soluzione giusta».
Perché proprio lei?
«Tra tutte le versioni di quel brano incise in questi decenni, quella che lei ha inciso anni fa mi piace molto. Ha evitato il confronto con Mina, che è impossibile. Però è stata rispettosa e sincera».
Ma scusi Gino Paoli perché le è venuta voglia di cantarla in francese?
«Mi piaceva l’idea, tutto qui».
E alla signora Sarkozy?
«A lei è piaciuto senz’altro il risultato. Ha detto a suo marito: “La incido perché è la canzone più bella del mondo”. L’altro ieri Carla mi ha telefonato, era entusiasta».
Dicono sia sempre più arrogante.
«Ma va, è simpatica, semplice. Zero arroganza».
Invece Gino Paoli, dicono, è sempre più affabile.
«Io sono una carta assorbente: se qualcuno è indisponente e vuole insegnarmi qualcosa, mi chiudo a riccio oppure lo mando al diavolo. Sto con Socrate e la sua maieutica».
Nientemeno.
«Mai insegnare qualcosa, ma aiutare a tirar fuori quello che si ha dentro».
Il cielo fuori dalla stanza.
«La Bruni mi ha anche detto: dai, facciamola da qualche parte in diretta».
Gino Paoli e Carla Bruni insieme in tv?
«Me l’ha chiesto quindi penso che prima o poi lo faremo».
Magari davanti a Sarkozy.
«L’ho incontrato solo una volta l’anno scorso quando ho accompagnato Luca Cordero di Montezemolo a ritirare la Legion d’Onore. Abbiamo parlato qualche minuto ma niente di che».
Anche lui è finito nel tritacarne della stampa e del web: lo spernacchiano a volontà.
«Ma in Francia sono rimasti comunque il buon gusto e l’eleganza. Va bene le critiche. Ma c’è un limite anche quando si decide di mettere in croce qualcuno».
In Italia no.
«Siamo a livelli orrendamente bassi. Manca il rispetto umano».
Pochi mesi fa anche lei è finito sott’accusa. Alessandra Mussolini, presidente della Commissione bicamerale per l’Infanzia.
«Suo padre Romano era un mio grande amico e quindi preferisco tacere».
Ma lei diceva che nella canzone «Il pettirosso» era nascosto un messaggio fuorviante sulla pedofilia.
«Una stupidaggine che dimostra quanto poco si conosca il significato delle parole. E confondere pietas con il perdono è gravissimo».
Risultato?
«È finito tutto nel nulla. D’altronde non avrebbe potuto essere diversamente».
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