"Ho voluto i Savoia in Italia e mio cugino me le ha suonate"

Una vita da privilegiato ("Non ho fatto molto ma ho visto molto") e un rapporto difficile con Vittorio Emanuele: "Al matrimonio di Felipe di Spagna l'ho salutato e lui come risposta mi ha rifilato due cazzotti. E mi ha pure querelato"

"Ho voluto i Savoia in Italia e mio cugino me le ha suonate"

Il principe Amedeo di Savoia Aosta sembra il ritratto del gentiluomo di campagna. Alto più di uno e novanta, magro e ancora atletico, accoglie in maglione i visitatori nel bel casale di Castiglion Fibocchi, a pochi chilometri da Arezzo. Da qualche anno ha venduto ai Ferragamo la storica tenuta del Borro, dal 1904 di proprietà di famiglia. "La crisi non è iniziata ora. La proprietà era enorme, 500 ettari, avevamo una ventina di dipendenti, producevamo vino ma non eravamo né gli Antinori né i Frescobaldi. Si faceva sempre più fatica a tener dietro a tutto". Si è trasferito a pochi chilometri di distanza e a 71 anni compiuti si divide con la seconda moglie Silvia Paternò di Spedalotto tra la Toscana e Pantelleria, l'isola dove ha una casa e dove coltiva la sua grande passione, la botanica. È diventato un grande esperto di piante grasse ed è presidente della Fondazione siciliana Herborarium. Parla volentieri della sua famiglia e dei suoi incontri: "Nella mia vita non ho fatto molto ma ho visto molto. E ho conosciuto persone davvero straordinarie. È la fortuna di essere nato in un palazzo reale". Si rabbuia per un attimo solo quando gli si chiede del cugino Vittorio Emanuele. "Non mi fa particolarmente piacere parlarne... È che abbiamo tutti combattuto perché il suo esilio finisse e potesse tornare in Italia. Il modo poteva essere diverso".

Oggi che rapporti ha con lui?

"Per fortuna non ci sono rapporti particolari. Dico per fortuna perché visto quel che è successo l'ultima volta che ci siamo incontrati..."

Ci scappò quasi una rissa.

"Eravamo al matrimonio del Principe Felipe, oggi Re di Spagna, il figlio di Juan Carlos. Ho visto mio cugino, era voltato, gli ho battuto con la mano sulla spalla per salutarlo. Lui si è girato e mi ha mollato all'improvviso due cazzotti. Io non ho reagito, è arrivata Marina Doria, che ha portato via il marito".

Vittorio Emanuele l'ha anche denunciata per l'uso del nome Savoia.

"Mi è capitato di firmare dei documenti come Amedeo di Savoia e la sua tesi è che né io né mio figlio Aimone abbiamo diritto di chiamarci Savoia. Faccio notare che Savoia Aosta è molto semplicemente il mio cognome, su tutti i documenti questa è la dizione ufficiale. Ho trovato la vicenda un'assurdità".

Lei però produceva vini a marchio Savoia Aosta e in primo grado è stato condannato.

"Il fatto è che mio cugino ha registrato come marchi e brevetti commerciali i nomi legati alla storia della famiglia. Io e mio figlio siamo stati condannati in primo grado a un risarcimento di 164mila euro a testa. Poi però in appello a Firenze sono stato assolto e adesso stiamo aspettando un terzo giudizio che dovrebbe arrivare entro l'anno. Certo, non è una bella storia. Io ho ancora i conti correnti bloccati, mio cugino è arrivato a dire che avrebbe chiamato Savoia Aosta i suoi maiali...".

E poi c'è il nodo centrale, quello della successione dinastica: la Consulta dei Senatori del Regno ha dichiarato che è lei il legittimo pretendente al trono e suo cugino ha perso ogni diritto per aver sposato Marina Doria. Vittorio Emanuele ha dichiarato invalida la pronuncia e sciolto la Consulta. Adesso di Consulte ce ne sono due e ognuna sostiene il proprio candidato.

"Ci sono delle lettere molto chiare di re Umberto. Quando Vittorio Emanuele stava sposando una sua precedente fidanzata gli ricordava la necessità del suo consenso, pena il rischio di perdere i diritti ereditari. Perché il nodo è questo: non il fatto di aver sposato una borghese ma l'obbligo del consenso paterno. Guardi Felipe di Spagna: ha sposato una borghese, Juan Carlos si è affrettato a dare il suo via libera, Felipe ha sposato chi ha voluto e adesso è re".

E in questo caso il consenso non c'è stato?

"Re Umberto era così profondamente contrariato dal matrimonio che proibì a tutti i parenti di partecipare alla cerimonia. Quanto alla Consulta c'è solo quella voluta e nominata da re Umberto per dirimere le questioni dinastiche. L'altra è una sorta di associazione privata voluta da mio cugino. Tenga presente comunque che qui non si parla di una successione a un trono che non c'è più".

Che cosa intende?

"Crede che sia realisticamente possibile che l'Italia torni ad essere un regno, almeno in tempi prevedibili? Tra l'altro io stesso, come ufficiale di marina, ho giurato fedeltà alla Repubblica. Qui non c'è in gioco nessuna corona ma il ruolo di capo della Casa, il custode di valori di una tradizione, quella dei Savoia, che ha fatto la storia d'Italia. Di questo si parla".

E da sempre il ramo dei Savoia Aosta è stato un po' una spina nel fianco dei Savoia regnanti.

"Ma no, in Italia siamo sempre al Coppi contro Bartali. Siamo portati a vedere ovunque dualismi e rivalità. E se non ci sono le si creano. Il mio bisnonno Amedeo, primo Duca d'Aosta, fratello di re Umberto, fu chiamato a diventare re di Spagna, Dopo tre anni abdicò e tornò in Italia portando alcuni suoi ex sudditi spagnoli, che gli si erano affezionati e che continuavano a chiamarlo Maestà. Bastò per alimentare il pettegolezzo di corte: era considerata una mancanza di rispetto".

Nella sua famiglia non mancano comunque le personalità spiccate. Per esempio i figli del re di Spagna Amedeo di cui stavamo parlando: Emanuele Filiberto, comandante della Terza armata durante la Prima guerra mondiale, detto il «Duca invitto» perchè i suoi soldati non conobbero sconfitte. Oppure il fratello Luigi Amedeo, l'esploratore.

"In famiglia non siamo mai stati “ingessati”. Abbiamo sempre avuto grande rispetto per la tradizione ma anche grande modernità. Luigi Amedeo, per esempio, è più conosciuto all'estero che in Italia per le sue spedizioni in mezzo mondo: dall'Uganda all'Alaska, fino alla Siberia. Conquistò un numero impressionante di vette, tutte, ovviamente dati i tempi, senza maschere di ossigeno. Solo Messner un secolo dopo è riuscito ad eguagliarlo".

Poi la storia di famiglia continua con suo zio Amedeo, nella Seconda guerra mondiale comandante delle truppe italiane in Africa orientale, l'eroe dell'Amba Alagi, e suo padre, Aimone, per poche settimane re di Croazia.

"Mio padre era ufficiale di marina. Nel 1941 Mussolini e il capo degli ustascia croati Ante Pavelic si accordarono per assegnare a un principe italiano la corona di Zagabria. Venne scelto lui, che non voleva assolutamente saperne. Diceva di non avere ambizioni politiche, di non parlare croato, di non sapere nulla dei croati e della Croazia. Accettò solo per senso del dovere dinastico. Poi gli eventi della guerra gli impedirono di andare a prendere possesso del trono. E con l'8 settembre ricevette l'ordine di unirsi al resto della famiglia reale nel Sud Italia".

Sua madre invece rimase a Nord.

"Mia madre era a Firenze e poche settimane dopo l'armistizio, il 27 settembre del 1943, sono nato io. Per mesi mio padre non seppe nemmeno se ero vivo. I tedeschi ci rinchiusero a Innsbruck. Per mia mamma fu un periodo durissimo anche se non eravamo proprio in un campo di concentramento perché io ero una preda interessante. A Berlino si valutò la possibilità di creare una nuovo regno d'Italia e io avrei dovuto esserne il re. La prospettiva gettava nella disperazione mia madre: non voleva tradire la dinastia, e di fronte a un'offerta formale avrebbe dovuto fare una scelta drammatica. Solo a guerra finita nel maggio del 1945 incontrai per la prima volta mio padre".

In futuro il titolo di Duca d'Aosta passerà al suo figlio maschio, Aimone, che fa il manager.

"Sì, ormai da molti anni vive in Russia. Era andato a Mosca a lavorare per la Merloni e poi è rimasto. Adesso è presidente della Pirelli russa. Ha vissuto il ritorno della tradizione pre-sovietica, il recupero dell'aquila imperiale, delle cerimonie sfarzose, con l'ostentazione dei simboli di un passato zarista. Forse anche per questo è per molti versi più tradizionalista di me".

A proposito di tradizione, non sembra un grande momento per le monarchie. Le corone di Juan Carlos e la regina Elisabetta, entrambi suoi cugini, hanno visto periodi migliori. In Spagna pesano gli scandali. A Londra una successione legata a una figura enigmatica come il principe Carlo.

"Felipe è preparato e in gamba.

Ha già fissato paletti precisi per migliorare la moralità della vita pubblica. Quanto al principe Carlo ci andrei piano con i giudizi. La storia è piena di eredi circondati dallo scetticismo generale che poi si sono rivelati grandi sovrani. Aspettiamo e vedremo".

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