Giuliano Amato e il paradosso della previdenza: gli italiani sono a dieta per i vitalizi agli stranieri

Una legge di Amato dà agli stranieri over 65, anche senza contributi, un assegno sociale che ci costa 50 milioni l’anno. Dal 2008 per riscuotere bisogna risiedere in Italia da dieci anni. L'Inps teme che sempre più nullafacenti se ne possano avvantaggiare

Giuliano Amato e il paradosso della previdenza: 
gli italiani sono a dieta per i vitalizi agli stranieri

È un giochino che ci costa 50 milioni di euro all’anno. Centesimo più, centesimo meno. Un pacco, rifilato agli italiani di buona memoria, dal dottor Sottile, alias Giuliano Amato, nel 2000 e perfezionato qualche anno dopo, nel 2007, da Romano Prodi, un altro specialista in ecumeniche fregature per le nostre tasche. Ve la ricordiamo quella bella pensata, la legge 388 del 2000 (inserita nella finanziaria 2001) che stabiliva quanto segue: gli immigrati che hanno compiuto i 65 anni e non hanno redditi oppure sono sotto la soglia dei 5mila euro annui, hanno diritto all’assegno sociale (quella che fino al 1996 si chiamava pensione sociale). Inutile dire che, appena gli extracomunitari con carta di soggiorno in regola e residenza si sono accorti di questa manna che pioveva dai cieli italiani non hanno fatto altro che presentare domanda di ricongiungimento familiare e far arrivare genitori o parenti anziani. Come funziona il giochino? Semplice.
Gli extracomunitari con carta di soggiorno possono chiedere di farsi raggiungere dai propri genitori, dichiarando di averli «in carico». E questi, non appena varcati i nostri confini, hanno diritto a presentare la loro simpatica domanda per l’assegno sociale. Ecco dunque, approssimati per difetto almeno 50 milioni di euro che finiscono annualmente nelle tasche di stranieri che non hanno mai lavorato, né pagato tasse nel nostro Paese. Un esercito destinato a crescere in maniera esponenziale. All’Inps temono infatti soprattutto l’attacco alle già semivuote casse, da parte degli immigrati dell’Est, romeni e polacchi, in particolare. Paradossale è che, oltre a languire le casse, languono anche i dati perché l’Inps parla, sempre approssimando per difetto, di circa 19mila «percettori» di quest’assegno sociale nati in Paesi esteri, ma il dato sembrerebbe comprendere anche italiani nati fuori dai nostri confini. Tuttavia le dimensioni del pericolo sono sempre più preoccupanti considerato che gli stranieri residenti in Italia, al 1 gennaio 2011 erano 4 milioni 563mila, con un incremento di 328mila unità (per un saldo totale del 7,5 per cento) rispetto al 1 gennaio dell’anno scorso.
D’altra parte fa la sua anche l’Unione Europea che impone all’Italia di estendere a tutti i cittadini comunitari qualsiasi forma di welfare sia offerta agli italiani e quindi non c’è via d’uscita. Almeno apparentemente. Per la cronaca il nuovo importo per l’assegno sociale 2011 è stato fissato dall’Inps in 5.424,9 euro. Facciamo una moltiplicazione e soprattutto molte addizioni, visto che il numero dei «pensionati importati» sta crescendo vertiginosamente, e si può ben capire il malcontento di tanti, troppi pensionati nostrani che vivono sulla loro pelle questa drammatica incongruenza con le loro pensioni di 500 euro al mese dopo aver versato contributi e pagato tasse per una vita. E quando, altro caso emblematico, l’Inps dopo mille, sacrosanti controlli e verifiche, per carità arriva concedere a un invalido (un invalido stra-vero, non stra-finto) una pensione per una invalidità al 100 per cento che ammonta meno di 300 euro.
Certo ultimamente sono stati introdotti dei correttivi tipo quello previsto dalla circolare Inps 105 del 2 dicembre 2008 che impone o meglio imporrebbe almeno 10 anni di effettivo soggiorno in Italia, la residenza fissa e altre quisquilie che dovrebbero impedire ai furbetti stranieri di percepire l’assegno sociale senza mai aver lavorato e di andarselo a spendere nel loro Paese. Ma, come si sa, fatta la norma, trovata (anche dagli stranieri) la possibilità di aggirarla. Già, perché se vogliamo continuare a masticare fiele c’è di più. È vero che l’assegno sociale sulla carta è vincolato alla residenza sul territorio italiano e se il percettore torna a casa propria, il suo diritto decade. Ma se non lo segnala, o si «dimentica» di segnalare il suo trasloco, però, potrebbe continuare a incassare pur non avendone titolo.

Controllare che questo non accada è di fatto impossibile visto e considerato che l’Inps può svolgere controlli solo tramite le anagrafi comunali, e non sono molte quelle in grado di segnalare all’ente previdenziale anomalie e abusi. Quindi se il genitore, il nonno, il parente straniero in Italia non si trova bene, può tranquillamente tornare in patria, tanto l’assegno continua a decorrere. E il Paese del Bengodi paga e spreca.

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