da Londra
La Gran Bretagna riconosce ufficialmente la legge islamica. Cinque tribunali - a Londra, Birmingham, Bradford e Manchester - già si occupano di cause civili secondo le regole della sharia. Altri stanno per nascere a Edimburgo e Glasgow. I loro giudizi sono già oggi validi e applicabili con tutta lautorità del sistema giudiziario. A rivelare la notizia è stato ieri il Sunday Times secondo cui i giudici islamici hanno cominciato a emettere sentenze dall'agosto del 2007, occupandosi di circa un centinaio di casi tra cittadini musulmani, da dispute tra vicini a separazioni. Le corti hanno anche affrontato - lavorando di concerto con la polizia - sei casi di violenza domestica.
A permettere lintroduzione della legge islamica in Gran Bretagna è una norma inglese del 1996 che regolamenta i cosiddetti tribunali d'arbitrato, quelli in cui le parti, di comune accordo, decidono di affidare la soluzione di una controversia a un terzo, il cosiddetto arbitro. «Ci siamo accorti dell'esistenza di una clausola che prevede l'applicabilità dei giudizi d'arbitrato da parte del tribunale di contea o dell'alta corte - ha spiegato al Sunday Times lo sceicco Faiz-ul-Aqtab Siddiqi che coordina le corti islamiche -. La disposizione consente la risoluzione di alcune dispute attraverso i tribunali alternativi. Esattamente quello che i tribunali della sharia sono per i musulmani». Un ragionamento difficile da contrastare anche perché in questo caso verrebbe meno il diritto d'esistenza dei tribunali d'arbitrato ebraici che in Gran Bretagna operano da più di cent'anni. Come quelli islamici questi ultimi si occupano di cause civili: dispute finanziarie, eredità, divorzi, tutti i casi in cui le due parti chiedono entrambe un giudizio «alternativo» a quello comune. La scoperta che le corti musulmane hanno potere legale nel Paese arriva soltanto qualche mese dopo le controverse dichiarazioni dell'arcivescovo di Canterbury e del presidente della corte suprema Lord Phillips. Entrambi avevano sottolineato l'inevitabilità di un futuro ruolo della sharia nel sistema giuridico inglese. «Dopotutto non facciamo altro che regolare i piccoli problemi della comunità», ha spiegato Siddiqi, ma politici e leader religiosi non la vedono allo stesso modo e temono il progressivo formarsi di «un sistema legale parallelo» basato sulla sharia. La preoccupazione maggiore riguarda il trattamento riservato alle donne. Si teme che coloro che accettano di venire sottoposti alla sharia ricevano un trattamento sfavorevole rispetto a quello che spetterebbe loro secondo la legge inglese. Del resto è già accaduto. In almeno un caso di eredità la maggioranza dei beni è stata data ai figli maschi anziché venir equamente divisa. E nei casi di violenza domestica i giudici hanno ordinato ai mariti di seguire dei corsi di controllo della rabbia senza ulteriori sanzioni. Alla fine, le vittime hanno sempre ritirato le accuse e la polizia ha archiviato ogni inchiesta. Per l'opposizione si tratta di decisioni assolutamente non accoglibili dal sistema giuridico inglese.
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