Conviene porre le mani avanti e dire che Lilli Gruber è una brava giornalista televisiva. Fra l'altro, se la cava egregiamente anche con la penna: un suo libro, Eredità, per quanto poco valga il mio giudizio, lo segnalo volentieri ai lettori della presente rubrica. Non si annoieranno a leggerlo, ed è già un miracolo di questi tempi. Di ceppo tedesco, come si evince dal cognome e dal luogo di nascita (Bolzano), la precitata professionista, pur essendo ancora relativamente giovane e soprattutto giovanile, ha una lunga carriera. Dopo gli studi (laurea in lingue e letterature straniere a Ca' Foscari), cominciò subito l'attività in un'emittente della sua città e a scrivere per L'Adige e l' Alto Adige , rivelando un talentaccio indiscutibile. Tanto è vero che passò in fretta alla Rai altoatesina, approdando in seguito al Tg2 allora diretto da Antonio Ghirelli, vecchio fuoriclasse del mestiere.
La notorietà arrivò per lei alcuni anni più tardi, quando fece trionfale ingresso nel transatlantico dell'ex monopolio di Stato. Accolta con ogni onore, fu dirottata in video quale conduttrice del Tg1 . Ai poveri di spirito la signorina Lilli piacque per via della postura alla scrivania, piuttosto originale. Ella non stava seduta allo stesso modo delle sue colleghe e di tutti i cristiani accostati a un tavolo. Manco per niente: si metteva di sbieco e ciò incuriosiva i telespettatori, che si chiedevano il perché di simile atteggiamento, tutto sommato gradevole. La popolarità della giornalista sexy toccò in breve l'acme. D'altronde, Gruber era ed è talmente abile da non faticare ad attirare l'attenzione del pubblico non solo per il lato estetico, ma anche per le proprie capacità di rendere interessante il notiziario affidatole.
Sorvoliamo sui servizi di inviato speciale che svolse in mezzo mondo: non la vogliamo fare troppo lunga. Preferiamo attaccare con le critiche. Non riusciamo a capire perché a un certo punto abbandonò la Rai per buttarsi in politica, annegando nella palude del Parlamento europeo in cui l'anonimato è garantito e suscita un senso frustrante d'inutilità. A suo merito, mi corre l'obbligo di dire che Lilli, sei mesi prima della scadenza del mandato, si dimise rinunciando così al vitalizio; unico caso, credo, nella storia della Ue. Chapeau .
Poi? Qui entriamo nel vivo della questione. Poi fu assunta alla 7, l'antenna ora di proprietà di Urbano Cairo, e occupò il posto che era stato di Giuliano Ferrara: responsabile di Otto e mezzo , in onda alle 20.30. Pensai che avrebbe rimediato un bel flop, e, invece, ha ottenuto un altro successo. Non è una mia personale opinione, bensì un dato di fatto: gli ascolti, grazie a lei, sono raddoppiati. Ciononostante, le sue performance sono macchiate da un grave difetto: mentre è assai scaltra nel nascondere le conseguenze dell'età, che normalmente segnano qualsiasi volto, ed è altrettanto pronta nell'interloquire con gli ospiti, non ce la fa a dissimulare una profonda antipatia verso coloro che, intervistati da lei, tradiscono idee politiche incompatibili con le sue, smaccatamente di sinistra. Non li regge. Non li sopporta.
Non è in grado di ascoltarli per oltre due minuti: li interrompe con un sorriso da cui traspare insofferenza se non disprezzo.Se desidera imparare a fingere quel tanto che basta per dare l'impressione di essere leggermente imparziale, prenda lezione da Bruno Vespa. Può servirle per essere meno irritante.
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