S e ne sono accorti in pochi, ma mentre Alessandro Piperno scaldava i motori in vista della finale dello Strega, un grosso satellite letterario iniziava a compiere le sue rivoluzioni attorno al ninfeo di Villa Giulia, parodiando il premio più celebre e discusso dItalia. La solida, divertente, commedia nera di Filippo Bologna (I pappagalli Fandango, pagg. 311, 16,50 euro) è unefficace messa alla berlina del premio romano: tre pennivendoli - LEsordiente, Lo Scrittore e Il Maestro - provano a vincere brandendo tutte le armi che riescono ad afferrare; ma non larma, oggidì spuntatissima, della letteratura.
LEsordiente, che assomiglia a Paolo Giordano, ha una grande alleata, la sua faccia belloccia «da giovane». Lo Scrittore inscenerà qualcosa di tragico. Quanto al Maestro, tenterà di trasformare alcune preoccupanti radiografie (cosè quellombra sulla prostata?) in voti sonanti. Il lettore dei Pappagalli viene catapultato nel bel mezzo di una guerra, condotta senza esclusione di colpi, fra i tre candidati. Quello che intriga di più, però, è la distanza fra il vero premio Strega e la copia beffarda che ne ha tratto Bologna. Di Esordienti che vivono in un loft, si sa, ve ne sono a dozzine. E di anziani Maestri senza una lira in tasca, che vivono arrabattandosi en petit bourgeois? Pochi: quasi tutti i romanzieri ultrasessantenni hanno agguantato una cattedra universitaria, o almeno un posto alla Rai. Manca invece, in Italia, il «tipo» del romanziere molto virile, affascinante, affabulatore e ricco: per cercare il modello del suo Scrittore, Bologna probabilmente è stato costretto a espatriare. Se poi nei Pappagalli la giuria del premio è costituita nientemeno che da una «accademia», come quella del Goncourt o del Nobel, lo Strega si accontenta di più modesti «amici della domenica».
A questo punto qualcuno si chiederà cosa centrino i pappagalli. Centrano perché una mattina un gigantesco, nero pappagallo si schianta contro la porta-finestra del loft dellEsordiente, mandandola in frantumi.
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