«Immagini shock, è un’imboscata: i bambini devono essere preparati»

«No alle imboscate. Non è giusto che i bambini in gita al Castello sforzesco si imbattano, contro la loro volontà, in corpi martoriati, lacerati da ferite profonde. Così l’effetto shock è garantito». Gustavo Pietropolli Charmet, docente di Psicologia Dinamica alla Statale, esperto di adolescenti, direttore scientifico dell’associazione L’Amico Charly, entra nel merito delle polemiche sulla mostra «Rivoluzione Kenoplastica» di Christian Zucconi allestita al museo di Arte antica del Castello. Le sculture, che rappresentano corpi sofferenti fino all’estremo, si snodano lungo uno dei percorsi più visitati dalle scolaresche e dai bambini più piccoli perché in quelle stanze si racconta la storia di Milano e degli Sforza. «È una vera aggressione ottica - spiega Charmet - cui non è giusto sottoporre i bambini: è bene quindi spostare quella mostra in un luogo consono, che potrà visitare solo chi vorrà o almeno mettere un cartello per avvisare chi entra. In questo periodo c’è un dibattito molto vivo in corso - spiega - sull’educazione visiva dei bambini, sulla relazione che intercorre tra lo tsunami di immagini che piovono da televisione, pubblicità, cartelloni e la psiche dei più piccoli. Difficile, per i genitori, censurare queste immagini, basta accendere i telegiornali per vedere piramidi di corpi ancora fumanti accatastati al mercato in Irak, tanto per fare un esempio. Certo, in tanti obiettano che i bambini passano ore intere a giocare ai videogiochi, dove non si fa altro che ammazzare, sparare. Non solo, i videogiochi confondono le idee ai piccoli perché annullano il discrimine tra vita e morte. Per esempio, nonostante io abbia ammazzato un uomo nel mio gioco, questo si alzerà tre secondi dopo. Ecco c’è chi sostiene che alla base dei suicidi che avvengono in età precoce ci sia anche questa confusione di base: se mi butto dalla finestra, non muoio veramente».
Rispetto a cinquant’anni fa, ora c’è una relazione quotidiana con immagini violente, pornografiche, scioccanti. Proprio per questo nelle scuole viene insegnata educazione all’immagine, materia che ha l’obiettivo di formare ai piccoli alunni strumenti critici, che permetta loro di creare una sorta di cordone sanitario di difesa. Una difesa che non sempre però può funzionare, le sculture in mostra sono impressionanti, una corporeità dolente, con organi genitali esposti, qui la vita e la morte si contendono il primato - l’analisi di Charmet - ma il dato che probabilmente impressiona di più i piccoli è che si trovano davanti a un “fermo immagine”.

A differenza, infatti, delle immagini televisive che scorrono e passano, qui si tratta di le sculture: ci si può appunto girare intorno, osservarle con calma, analizzare i dettagli. Ecco allora che diventa importante usare qualche precauzione così come è giusto dare la possibilità alle insegnanti di “preparare” i bambini alla visita, qualora la ritengano interessante. Ma devono poter scegliere».

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