RomaVe lo ricordate Mariano Maffei, il procuratore di Santa Maria Capua Vetere che, esattamente due anni fa, ottenne larresto di Sandra Lonardo, con conseguenti dimissioni del marito e allora ministro della Giustizia, Clemente Mastella e caduta del governo Prodi? Sì, quello dellintervista alla napoletana, diventata un cult su YouTube, che lex Guardasigilli definì «una macchietta».
Ecco, il 10 dicembre scorso il pm di Roma Giancarlo Amato ha chiesto il suo rinvio a giudizio, per abuso dufficio e calunnia. E nelludienza del 19 febbraio, di fronte al giudice per le indagini preliminari Maurizio Silvestri, Maffei dovrà difendersi da accuse pesanti. Di aver, cioè, denunciato per falso e abuso dufficio il suo aggiunto Paolo Albano e il sostituto Filomena Capasso, per una storia di indagini inadeguate da parte della polizia giudiziaria legate a uninchiesta su un medico ospedaliero.
Questo Maffei lavrebbe fatto «in totale assenza di qualsiasi elemento accusatorio» e, scrive il pm, «pur conoscendo linnocenza dei predetti magistrati» e «cagionando intenzionalmente ingiusto danno». Un comportamento, sempre secondo il magistrato inquirente, che trova «semmai giustificazione in precedenti dissidi personali e professionali» con i suoi colleghi.
Della faida interna alle toghe sammaritane si è già molto parlato sia ai tempi dellesplosiva inchiesta che travolse i coniugi Mastella e mezza Udeur campana sia dopo, quando fioccarono gli esposti contro Maffei e tre suoi «fidati» sostituti, da parte di altri procuratori che denunciavano indagini illecite su di loro, metodi scorretti di gestione dellufficio, «un clima insostenibile di sospetti e di comportamenti vessatori». Insomma, una forma di accanimento verso quelle toghe che non erano per così dire in linea con la direzione Maffei.
Della guerra fra toghe, con accuse di mobbing, inchieste e denunce, si sono già occupati lispettorato del ministero della Giustizia, la Procura generale di Napoli e il Consiglio superiore della magistratura, ma Maffei nel mezzo della bufera se nè andato in pensione e almeno le ripercussioni disciplinari le ha evitate.
Le indagini giudiziarie, però, sono andate avanti e per competenza le ha fatte la procura di Roma. Ora il pm Amato firma una richiesta di rinvio a giudizio di cinque pagine, dalle quali emerge un quadro inquietante di quanto è successo per lungo tempo nella Procura di Santa Maria Capua Vetere.
In sostanza, è convinto che Maffei avesse «punito» per altri motivi i due pm Albano e Capasso, evidentemente non in sintonia con lui, facendoli finire sotto indagine senza motivo e ben sapendo che le sue accuse non poggiavano su nulla di concreto. Una mossa del tutto strumentale, dunque.
E un metodo del genere fa pensar male sul modo di Maffei di scegliere gli obiettivi da perseguire e i soggetti da indagare, quindi sul suo modo di gestire lufficio. Certi nodi vengono al pettine solo ora che Maffei ha lasciato la magistratura, sbattendo la porta con aspri battibecchi con Mastella, che lo accusava di non essere imparziale e di agire con un mandante politico, sottolineando la sua parentela con il presidente della Provincia Alessandro De Franciscis, che dallUdeur era passato al Pd.
Daltronde, anche nei giorni della tempesta giudiziaria sui Mastella, lallora procuratore non era stato affatto cauto, facendo dichiarazioni che tradivano il dente avvelenato contro il governo, parlando di «regime dittatoriale» e lamentandosi del fatto che «grazie» alla riforma Mastella, che imponeva una rotazione con il limite massimo di 8 anni per gli incarichi di vertice, doveva lasciare il suo posto e subire un capo sopra di lui oppure andarsene.
Sarà interessante seguire gli sviluppi giudiziari della vicenda Mastella, perché già si parla di un testimone secondo il quale a novembre 2007 Maffei lavrebbe giurata allex-Guardasigilli.
Intanto, si vedrà il mese prossimo come il gup deciderà sulla richiesta di rinvio a giudizio di Amato.
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