Inseguendo le "Origini" dal Big bang alla coscienza

Fra dubbi, dati e ipotesi lo studioso Jim Baggott racconta la "Storia scientifica della creazione"

Inseguendo le "Origini" dal Big bang alla coscienza

Jim Baggott è partito dall'inizio. Ma proprio l'inizio. «L'idea era di scrivere un libro su tutte le diverse origini: dell'universo, della massa, della luce, cioè la radiazione cosmica di fondo, delle stelle e delle galassie, delle molecole, del sistema solare, della Terra, della vita, delle cellule complesse, delle specie, di Homo sapiens e della coscienza umana». È stato così che Baggott, studi a Oxford (in chimica fisica) e a Stanford, divulgatore scientifico (ha scritto Il bosone di Higgs, uscito da Adelphi nel 2013), si è imbattuto nella storia che poi ha raccontato: «Mi ha colpito come la nostra conoscenza attuale sia connessa attraverso molte discipline diverse. A parte qualche eccezione, noi comprendiamo davvero come una cosa porti all'altra. Così ho immaginato che insieme componessero una grande storia, ovviamente con riferimento alle altre storie della creazione».

Alla fine questa storia è diventata Origini (Adelphi, pagg. 438, euro 39), un saggio che parte dal Big bang e arriva al sorgere della coscienza nell'Homo sapiens («il nostro tratto distintivo»), e il cui sottotitolo è «Storia scientifica della creazione». Un po' diversa da quelle tradizionali. Dice Baggott, da Reading, dove vive, a una cinquantina di chilometri da Londra: «Quella scientifica non è basata sulla mitologia, o su una saggezza ricevuta. Perciò è una storia che cambia costantemente, a mano a mano che impariamo cose nuove, per esempio sulle particelle elementari, le proprietà e il comportamento delle stelle e delle galassie, la storia geologica della Terra, della Luna e degli altri pianeti, la natura dell'evoluzione biologica, il funzionamento del cervello umano...». Il fatto è che la storia scientifica della creazione è come la scienza: «Niente di essa è certo. È falso che la scienza produca conoscenza certa: non lo fa. Ed è questo a renderla un modo così potente di comprendere il mondo intorno a noi».

Le origini sono chiare, ma non del tutto. «Ci sono tre buchi importanti nella nostra storia. Le nostre attuali teorie fisiche non sanno dirci che cosa sia accaduto al momento preciso del Big bang, e non abbiamo spiegazioni né della materia oscura, né dell'energia oscura. Abbiamo modelli standard per la cosmologia del Big bang e la fisica delle particelle, ma al momento non c'è alcun modello standard per l'origine della vita. E la stessa coscienza rimane un mistero». Uno dei problemi più difficili rimane l'origine della vita: «Personalmente, mi piace l'idea che la vita sia iniziata nelle cosiddette bocche idrotermali alcaline, nelle profondità dell'oceano, lungo le linee di confine delle placche tettoniche. Ci sono alcuni esperimenti in corso per ricreare le condizioni prevalenti in quelle bocche 3,5 miliardi di anni fa. La speranza è che ci offrano degli indizi».

Per ricostruire le nostre origini, passo dopo passo, bisogna ricorrere a quasi tutte le armi della scienza contemporanea: cosmologia fisica, fisica delle particelle, fisica atomica, astrofisica, geologia, geofisica e geochimica, chimica della vita, genetica e sintesi proteica, evoluzione, paleontologia e paleoantropologia, evoluzione umana e neuroscienze. E avere a che fare con i protagonisti di questa storia: gravità, forza forte, forza debole, elettromagnetismo. Sono le «forze» dietro le tappe fondamentali della creazione: Big bang, evoluzione dell'universo, origine della materia, formazione delle stelle e dei sistemi planetari, e poi strutture delle molecole biologiche e reazioni chimiche complicate che le sottendono. «Per quel che ne sappiamo non c'è una forza della vita, come tale: la vita emerge spontaneamente da sistemi chimici complessi. Né una forza della coscienza».

La creazione che racconta Baggott non è tranquilla, né lineare: è una storia di grandi catastrofi, esplosioni, devastazioni, collisioni fra corpi celesti, estinzioni di massa. «È vero, sembra che l'universo sia passato attraverso momenti particolarmente violenti; ma il punto è che senza di essi noi non ci saremmo potuti evolvere sulla Terra. Il Big bang è ovviamente il più estremo, ma senza le esplosioni di supernova, necessarie per produrre elementi chimici come il carbone, l'ossigeno e l'azoto e scaraventarli nello spazio, senza le turbolenze delle formazioni delle stelle e dell'accrescimento planetario, l'intenso bombardamento tardivo e la collisione che ha formato il sistema Terra-Luna, necessario per rendere il nostro pianeta quello che è, e senza l'impatto con un asteroide 66 milioni di anni fa, che ha cancellato i dinosauri e creato l'opportunità per l'evoluzione dei mammiferi, ecco, senza tutto questo, semplicemente non saremmo qui a porre le nostre domande insolenti...».

Il fatto è che dalla prima singola cellula, apparsa sulla Terra 3,5 miliardi di anni fa, le testimonianze geologiche ci dicono che ci sono state cinque estinzioni di massa (fra cui la Grande moria, 250 milioni di anni fa). «E se non fosse stato per queste estinzioni, davvero non ci sarebbe alcuna ragione di credere che ci saremmo evoluti». Proprio l'impatto con l'asteroide che avrebbe portato all'estinzione dei dinosauri ha «ripulito» l'ambiente e creato uno «spazio ecologico» in cui, a partire da poche forme di vita sopravvissute, l'evoluzione ha avuto la possibilità di «esplodere rapidamente».

A differenza delle storie non scientifiche, Origini pone e non risolve - il problema del senso e della posizione dell'uomo in questa creazione: «Le versioni bibliche della creazione riguardano tutte noi. Non è sorprendente che ci rassicuri l'idea che tutto questo, l'universo, il Sole, la Terra, la vita, sia stato creato solo per il nostro beneficio. Tempo fa Papa Francesco ha dichiarato: L'evoluzione in natura non è incoerente con la nozione di creazione divina. L'argomentazione è che, una volta che la vita sia stata creata, Dio abbia usato l'evoluzione per portarla irresistibilmente verso di noi, esseri umani intelligenti». Baggott dice che tutto questo gli ricorda la trama di un romanzo di Ira Levin, I ragazzi venuti dal Brasile, che nel '78 diventò un film. Trama: «Avendo generato cloni genetici di Hitler dopo la fine della guerra, lo scienziato nazista Josef Mengele ordina a sei ex SS di assassinare 94 uomini, tutti impiegati statali di età superiore ai 65 anni. Per creare una nuova genia di Hitler, questi giovani cloni devono non solo condividere gli stessi geni, ma anche le stesse esperienze di vita, come perdere il padre a 13 anni». Morale: «Un creatore divino non solo avrebbe dovuto fare in modo di condurre l'evoluzione al nostro Dna specificamente umano; ma, per arrivare fin qui, avrebbe anche dovuto programmare lo sterminio quasi completo della vita sulla Terra ogni cinquecento milioni di anni circa. Spero ne sia valsa la pena».

D'altra parte, secondo alcuni scienziati la vita sarebbe un «imperativo cosmico»: «Secondo alcuni, dato un pianeta tiepido, umido, roccioso, che orbita nella zona abitabile intorno alla sua stella, forse con una geologia e una geochimica simili alla Terra, allora la vita sarebbe un imperativo cosmico: cioè, dati gli ingredienti giusti e le condizioni giuste, la vita sarebbe quasi obbligatoria». Il fatto è che «sappiamo che non c'è niente di unico nel nostro sistema solare: abbiamo scoperto molti esopianeti, che orbitano intorno a stelle distanti, e alcuni sono molto simili alla Terra. Ma possiamo solo speculare sul fatto che la vita possa o meno apparire spontaneamente su questi pianeti». Il parere di Baggott? «Sono favorevole alla teoria dell'imperativo cosmico, ma questo non significa che la vita intelligente ne segua necessariamente. Dopo tutto, abbiamo visto che cosa è dovuto succedere sulla Terra per arrivare fino a noi. Ma mi aspetto che ci siano molti esopianeti simili alla Terra in cui prosperi quanto meno la semplice vita batterica». Non che i batteri siano da disprezzare, soprattutto se si parla di specie di successo. «Certo, se guardiamo tutto ciò che abbiamo realizzato, come specie, è difficile non immaginare di essere in qualche modo il punto culminante dell'evoluzione, nonostante quello che dicono gli scienziati. Ma forse la misura reale del successo dovrebbe essere la longevità della nostra specie. E allora la competizione si fa dura...» I nostri rivali? «Gli archei e i batteri, che esistono sulla Terra, in gran parte immutati, da 3,5 miliardi di anni. E poi non abbiamo chance con i dinosauri. Anche se spesso utilizziamo la parola in senso negativo, i dinosauri hanno avuto un successo enorme: molte specie sono sopravvissute per milioni e milioni di anni prima di essere portate all'estinzione da un destino crudele». E anche con le altre specie Homo non ce la caveremmo benissimo: «Il nostro parente genetico, l'Homo erectus, è sopravvissuto per quasi due milioni di anni. Perciò, per sapere quanto successo abbiamo avuto come specie, credo dovremo vedere che cosa succederà nell'arco di un paio di milioni di anni».

I tempi della creazione sono, diciamo, poco familiari. Perciò Baggott ha immaginato un «giorno della creazione», su un orologio di 24 ore: «A mezzanotte si comincia con il Big bang, le prime stelle e le galassie appaiono fra le 12.30 e l'1 di notte. Poi dobbiamo restare seduti per gran parte della giornata: la Terra non compare fino alle 4 del pomeriggio. La vita appare verso le 6, in tempo per il tè; gli organismi costituiti da cellule complesse intorno alle 8.30 di sera. Dobbiamo aspettare fino a circa un secondo prima della mezzanotte perché arrivi l'Homo sapiens. Poi la coscienza umana impiega un pochino a svilupparsi: l'apparizione di strumenti, di incisioni grezze e dei primi dipinti nelle caverne segnala il Grande balzo in avanti solo 50mila anni fa, ovvero circa 300 millisecondi prima dello scoccare della mezzanotte. Secondo questo orologio, noi abbiamo iniziato ad applicare la scienza allo studio delle nostre origini solo per tre millesimi di secondo. Quindi abbiamo appena cominciato».

In questa lunghissima storia di distruzioni, nascite e rinascite, non c'è un passaggio più fondamentale di altri: «Tutti i passaggi delle varie origini sono essenziali per la storia, la quale si basa sul fatto che ogni passo porti al successivo. Basterebbe saltarne uno solo e non saremmo in grado di spiegare perché siamo qui, ora».

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