La Procura di Milano si spacca sull'ultimo blitz

Dopo le accuse alla Boccassini sulla titolarità del caso Ruby, volano stracci per gli arresti sull'Expo

La Procura di Milano si spacca sull'ultimo blitz

Milano - Dal caso Ruby all'inchiesta Expo, volano gli stracci e chissà quando smetteranno. L'ultima puntata della rissa interna alla Procura di Milano va in scena davanti alle telecamere, alla fine della conferenza stampa sulla retata di ieri per gli appalti Expo. Pettorine, investigatori, il procuratore Bruti Liberati con al suo fianco Ilda Boccassini e due pubblici ministeri. Chi manca? Il capo del pool che indaga proprio su questi reati: corruzione, turbativa d'asta, violazione di segreti. Cioè Alfredo Robledo, il procuratore aggiunto protagonista di uno scontro con Bruti Liberati che ha portato alla luce il lato meno noto della Procura milanese: quello delle inchieste fatte e non fatte, indirizzate di qua o di là, affidate a chi non ne avrebbe il titolo ma fa parte del «cerchio magico» del procuratore capo e di Magistratura Democratica.

Ieri alle domande sulla assenza di Robledo, Bruti risponde senza giri di parole: non condivideva l'impostazione dell'indagine, e quindi l'abbiamo fatta senza di lui. Il procuratore non entra nei dettagli. Ma nei verbali riempiti da Bruti e da Robledo davanti al Consiglio superiore della magistratura la storia di questo fronte dello scontro c'è già. Robledo ha denunciato al Csm di essere anche in questo caso stato esautorato senza alcuna giustificazione. Ha consegnato al Csm la lettera in cui, già nel marzo scorso, manifestava a Bruti il suo dissenso sulla gestione dell'indagine, e il suo rifiuto di firmare la richiesta di mandati di cattura. Non c'era nessun motivo perché l'indagine venisse coordinata dalla Boccassini, capo del pool antimafia, visto che qua non si parla di mafia ma di colletti bianchi. Ma anche qui la dottoressa ha fatto pesare la sua autorevolezza e la sua esperienza, esattamente come nel caso Ruby, quando fece irruzione in una inchiesta di cui, secondo il procuratore generale Manlio Minale, «non aveva la titolarità».

Nelle retrovie del caso Expo, però, lo scontro interno alla Procura milanese ha toccato un altro tasto assai delicato. Lo scontro tra Robledo e il resto della Procura avviene sulla richiesta di arresto di uno degli indagati, ma il dissenso risale all'inizio dell'inchiesta e riguarda la scelta dell'organo di polizia giudiziaria cui affidare le indagini. È un tema cruciale. Fin dai tempi delle inchieste sui giudici corrotti della Capitale, la Boccassini ha utilizzato la squadretta di finanzieri in servizio in Procura: pochi, con mezzi limitati, ma direttamente alle sue dipendenze e pienamente controllabili. Anche nella indagine su Expo, la Boccassini insiste per dare la delega alla sua squadra. Il materiale di inchiesta è quasi sterminato. Affidarlo a un piccolo gruppo di investigatori vuol dire per i pm rinunciare a controllare appieno e direttamente tutti gli spunti investigativi. Ad ascoltare una per una le telefonate intercettate sono di fatto solo i finanzieri, e sono loro a decidere quali trascrivere e quali no. Alla fine, nell'inchiesta Expo ci sarebbero migliaia di telefonate di cui non si conosce il contenuto. Forse irrilevanti. Forse no.

È un tema cruciale. L'asse di ferro con la polizia giudiziaria è da sempre uno dei punti di forza di Ilda Boccassini: fin dall'epoca della Duomo Connection, quando affidò l'inchiesta al piccolo e scalcagnato (ma ipermotivato) nucleo di carabinieri guidati dal capitano Ultimo. E forse non è un caso che nel 2010 la Boccassini sia venuta a sapere dell'esistenza dell'inchiesta sul caso Ruby, precipitandosi poi a chiederne l'assegnazione, poco dopo che la Procura aveva chiesto di svolgere alcune attività tecniche allo Sco, il servizio centrale operativo della polizia, «braccio armato» della dottoressa in diverse indagini. Chi controlla la polizia giudiziaria ha il vero potere di inchiesta.
Anche di questo si dovrà occupare il Consiglio superiore della magistratura, chiamato a fare chiarezza nello scontro che agita uno degli uffici giudiziari più delicati d'Italia.

La settimana prossima il Csm farà nuovi interrogatori: tra questi, stranamente, non sono previsti quelli del procuratore aggiunto Piero Forno e del pm Antonio Sangermano, titolari dell'inchiesta Ruby fino all'irruzione in scena della Boccassini il 30 ottobre 2010.

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