Mica vero che il fumo fa male. Al cinema fa benissimo. Non in sala, per carità, dove è vietatissimo da quasi quarant'anni, ma sullo schermo. Ci avete fatto caso? I film dove i personaggi ci danno dentro con sigari, sigarette, varie e eventuali, stanno tornando di gran moda. Sembra di essere ancora ai tempi gloriosi di Humphrey Bogart, che in due ora di pellicola era capace di riempire svariati posacenere. Vedi Casablanca o Sabrina o L'ultima minaccia, si, quello del mitico È la stampa bellezza, e tu non puoi farci niente. Sarà una coincidenza, però tra i campioni d'incassi di questa settimana, ci sono due film dove si fuma a tutt'andare: Django Unchained e Flight.
Bella forza, obietterà qualche precisino, la pellicola di Tarantino è ambientata nell'Ottocento, quando i salutisti in servizio permanente non erano ancora spuntati. Infatti John Wayne e Gary Cooper versione cowboys parevano due ciminiere. Per tacere di Kirk Douglas, che in Sfida all'OK Corral, fuma più del Vesuvio in attività, nonostante la tosse che lo sconquassa. Tra parentesi il personaggio del moribondo dottor Doc Holliday gli ha portato piuttosto bene, se gli ha fatto toccare il traguardo dei novantasei anni. O forse è la professione del dentista che allunga la vita, come dimostra Christoph Waltz, coprotagonista proprio di Django Unchained, che fa a gara con Leonardino DiCaprio a chi ne fuma di più. E che dire di Flight? Accanto all'ingrassatissimo Denzel Washington, che oltre alle sigarette, si bomba di coca e vodka, si materializza, in pigiama sulle scale dell'ospedale, un giovane malato di tumore, che aspira voluttuosamente la sua sigaretta, ben conscio che sarà una delle ultime. Anzi, urlando il suo sberleffo al destino. In pratica l'ennesima nouvelle vague cinematografica manda in pensione anticipata quella legge, non scritta, in verità di rara ipocrisia, che metteva al bando le sigarette della finzione. Certo, era stata fatta per la salvaguardia dei giovani e via blablablando, ma forse sarà meglio, e più salutare, applicarla appena la tecnologia porterà odori e sapori fino in platea.
Eh sì, fumano tutti. In A Royal Weekend, da poco nelle sale, c'è addirittura la conferma del fumo reale. O per essere più chiari, regale. Nell'America del 1939, re Giorgio VI, in visita nella residenza estiva di Roosevelt, non esita ad accendersi una sigaretta, confortato dall'esempio del Presidente in carrozzella. E per fortuna era rimasto a Londra Churchill, che, di sigaro in sigaro, è vissuto fino a novant'anni. D'altra parte lo sdoganamento della nuvoletta di sangue blu era avvenuto due anni fa con Il discorso del re, dove lo stesso Giorgio VI si guadagnava a suon di sigarette il disprezzo dei non fumatori.
È il colmo, proprio ora, che la scienza, o qualche cosa che pretende di somigliarle, sforna miracolosi, o ridicoli, a seconda dei punti di vista, marchingegni per agevolare gli aspiranti dimissionari dal fumo. Merce che non scalfisce le certezze dei cinque commensali, più il sesto in arrivo ritadato, di A cena fra amici. Se si fuma in America e in Inghilterra, perchè si dovrebbe restare a bocca asciutta a Parigi? E poi, vuoi mettere, come si litiga meglio con la mente annebbiata dalle sigarette e dal buon vino? In un altro, anche questo recentissimo film francese, Piccole bugie tra amici ci si azzuffa molto e si fuma ancora di più. Prima della lista la bella Marion Cotillard, che si strugge sulla spiaggia e intanto aspira una sigaretta. Non certo l'unica. Fumano le spie (La talpa), fumano i teenager (Tamara Drew), fumano le mamme La prima cosa bella), fumano padre e figlio (I soliti idioti).
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