Il punto è capire se il binario resterà doppio oppure se, nonostante gli sforzi e la buona volontà, si finirà su due sole rotaie con un'unica prevedibile destinazione. Già, perché se Angelino Alfano non è affatto preoccupato per le sorti del governo tanto da ripetere a Il Foglio che quello processuale e quello politico sono «due ambiti e due destini separati», ieri a Villa Certosa non sembravano così sicuri dello schema in questione. Anzi.
In Sardegna con il Cavaliere ci sono da venerdì pomeriggio Denis Verdini, Daniela Santanché e Daniele Capezzone, ufficialmente in quel di Porto Rotondo per discutere con Silvio Berlusconi l'organizzazione del partito alla luce dell'abolizione del finanziamento pubblico. Spending review e fundraising, insomma. Di fatto, sia prima che durante la riunione pomeridiana, la riflessione è a 360 gradi e riguarda l'intero quadro politico. Con un'attenzione particolare alle vicende giudiziarie del leader del Pdl, ancora «scottato» dalla requisitoria del pm Antonio Sangermano durante il cosiddetto Ruby bis. Berlusconi, infatti, è convinto che l'obiettivo continui ad essere quello di mandarlo fisicamente «in galera». Lo ripete da settimane nelle sue conversazioni private e la richiesta a sette anni di carcere per Nicole Minetti, Emilio Fede e Lele Mora non ha fatto che rafforzare la sua tesi. «Non lo sono - è stato il suo sfogo in privato ma anche se le accuse fossero vere sette anni sono fuori dal mondo. Una richiesta spropositata che serve solo a mettere le basi per l'assalto finale contro di me».
Guarda dunque a giugno Berlusconi. Al 24, quando è attesa la sentenza di primo grado su Ruby che, dà per scontato il Cavaliere, sarà di condanna nonostante ripete anche agli ospiti di Villa Certosa non ci sia «la benché minima prova di qualsivoglia reato». Ma soprattutto gli occhi sono puntati su metà giugno (forse il 19), quando la Corte Costituzionale dovrebbe pronunciarsi sul legittimo impedimento che gli fu negato nel 2010 nel processo sui diritti tv Mediaset. È quello per Berlusconi e per i suoi avvocati lo spartiacque. Se la Consulta dovesse dargli ragione, infatti, si tornerebbe di fatto indietro di quasi tre anni e il processo sarebbe destinato alla prescrizione. In caso contrario il Cavaliere dà per scontato che a fine anno la Cassazione confermerà la condanna (quattro anni di reclusione e cinque di interdizione dai pubblici uffici). Circostanza che difficilmente potrà non avere ripercussioni sul governo. Così, dopo aver discusso con Verdini, Santanché e Capezzone della raccolta fondi per il Pdl (non solo cene di fundraising ma anche un nuovo tesseramento d'élite che punti a pochi ma generosi sostenitori) il tema è quello del rapporto con il governo Letta. Le posizioni dei tre che resteranno a Villa Certosa anche oggi sono note e non è un mistero che l'invito sia a far pressing sul governo sul fronte economico per ottenere risultati su Imu, blocco dell'Iva e sgravi fiscali per chi assume giovani.
Ma sul tavolo ci sono anche le vicende giudiziarie. Perché insistono alcuni dei presenti è chiaro che «le larghe intese non possono reggere se continua l'assalto giudiziario». Berlusconi ascolta, non lesina commenti piuttosto coloriti sui magistrati milanesi e ripete, magari per scaramanzia, di non essere affatto ottimista.
Non è il Cavaliere a farlo, ma c'è chi dice che se a metà giugno la Consulta aprirà le porte alla condanna in Cassazione «non si può restare a guardare» e «far finta che nulla è successo». Insomma, ripercussioni sul governo ce ne saranno eccome. Berlusconi ascolta e tace. Ma è piuttosto chiaro che il doppio binario - processuale e politico - potrebbe presto diventare uno solo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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