Occorre fermarsi un attimo sulla questione delle intercettazioni. Quelle che riguardano Nunzia De Girolamo le conoscono ormai anche i muri. Pur essendo state fatte senza alcuna preventiva autorizzazione giudiziaria, sono diventate pubbliche. Ieri abbiamo letto di una telefonata, del tutto innocua, tra Alfano e Ligresti. In questo caso, autorizzata da un magistrato. La tentazione di utilizzare, a fini politici, brandelli di conversazioni private è sempre in agguato.
Una conversazione può svelare un'indole, un tratto, una debolezza o anche un'arroganza. Pensare di rendere questo privato uno strumento di lotta politica (paradossalmente nel futuro si potrebbe anche sfruttare a fini propagandistici e di ricerca del consenso) più che una barbarie (lo è, lo è) è controproducente per una classe dirigente degna di questo nome. Sì, certo, ci sono sempre i fenomeni che continuano a dire «intercettateci tutti», poiché non abbiamo nulla da nascondere. Il principio da affermare è esattamente l'opposto.
Alfano e De Girolamo debbono, come qualsiasi cittadino, avere la facoltà di potersi nascondere. Hanno il diritto all'oblio per le proprie debolezze. Sempre che tali possano essere considerate.
Lo Stato moderno ha il monopolio della violenza e, come sua appendice, anche quella di forzare (a ragion veduta) i nostri più intimi segreti. Utilizzare con leggerezza questo monopolio rischia domani di far male a chi oggi ne abusa.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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