Abusi e viaggi gratis: il procuratore di Parma è indagato da un anno

Laguardia, che ha messo sotto accusa il Pdl cittadino, è nel mirino dei colleghi di Ancona. Il fascicolo contro di lui però si è arenato

Gerardo Laguardia, procuratore capo di Parma
Gerardo Laguardia, procuratore capo di Parma

Non decidono. È passato un anno ma ancora non decidono. Eppure di «argomenti» su cui decidere ce ne sono. C'è la condotta, non proprio super partes, del procuratore capo di Parma, sì quel Gerardo Laguardia, specializzato nel dar la caccia ai pidiellini, che ha deciso di rimanere al suo posto nonostante (dopo otto anni di «governo») il suo mandato sia ampiamente scaduto. E ci sono anche certi comportamenti, non proprio cristallini, di uno dei suoi sostituti, Paola Dal Monte. Condotta e comportamenti che, oltre un anno fa, suscitarono l'indignazione del senatore del Pdl, Filippo Berselli. Che, davanti ad un certo odore di ingiustizia si sentì in dovere, per amore di giustizia, di presentare otto interrogazioni e un esposto alla procura generale della Cassazione perché venisse fatta chiarezza sulla «gestione» della Procura di Parma.
Arrivarono gli ispettori ministeriali e arrivò anche l'inchiesta, aperta, per competenza, dalla Procura di Ancona. Inchiesta della quale, un anno dopo, non si sa ancora nulla. Perché? Perché non si vuole arrivare a delle conclusioni? Perché «per approfondimenti» sono state chieste dalla Procura marchigiana due proroghe, la seconda scadrà a giugno, e probabilmente ne verrà chiesta una terza? Perché il 2 ottobre del 2012 è stato abbondantemente interrogato, come persona informata dei fatti, come «vittima» dei presunti soprusi della Procura l'ex comandante dei vigili di Parma, Giovanni Maria Jacobazzi che, immaginiamo, abbia raccontato dettagliatamente l'atteggiamento della Procura di Parma nei suoi confronti e quelle sue dichiarazioni non sono state apparentemente tenute in considerazioni dei magistrati di Ancona? Forse perché, azzardiamo, il caso Parma ha determinato una vera e propria spaccatura in seno alla Procura di Ancona che vede da un lato il procuratore capo uscente Elisabetta Melotti che, in quanto uscente, non vuole grane prima di lasciare la Procura e dall'altro il suo sostituto, Irene Bilotta che invece vorrebbe andare a fondo con le indagini?
Eppure i fatti meritano un approfondimento giudiziario. Vediamoli in rapida sintesi. Se è vero che lo stesso Laguardia ha, a suo tempo pubblicamente confermato che l'accusa che gli è stata mossa dalla Procura di Ancona è quella di abuso d'ufficio è altrettanto vero che restano ancora da chiarire per esempio quei viaggi gratuiti all-inclusive al seguito del Parma calcio nelle trasferte di Coppa, offerti dalla società sportiva a Laguardia e peraltro confermati dallo stesso Tanzi il 27 maggio 2012 sulla Stampa quando, raccontando la vita in carcere attraverso la voce del compagno di cella, l'ex patron di Parmalat, ebbe a dire testualmente: «Sull'aereo della squadra ho portato anche il procuratore che mi ha fatto rinchiudere qui dentro». Condotta quella di Laguardia che, aveva ipotizzato Berselli nella sua denuncia «potrebbe integrare una fattispecie di reato del pubblico ufficiale e/o una responsabilità disciplinare, tenuto conto della mancata astensione del procuratore capo dalla trattazione delle indagini sul crac Parmalat». Quanto al fatto che oltre a Laguardia sia indagata anche la pm Dal Monte titolare dell'inchiesta «Green money 2» (presunte tangenti e ammanchi nel bilancio comunale) che portò all'arresto di 11 tra amministratori e funzionari del Comune di Parma: tra cui appunto l'allora comandante dei vigili urbani, Giovanni Maria Jacobazzi, ufficiale dei carabinieri in aspettativa.
Berselli, allora alla commissione Giustizia del Senato eccepì una lunga serie di irregolarità. Tra cui il fatto che Laguardia avrebbe violato il segreto istruttorio nella conferenza stampa in cui rivelava particolari dell'operazione «Green money». Mentre è decisamente curioso il comportamento della pm Dal Monte il cui marito, Alberto Cigliano, aveva chiesto di concorrere al posto di comandante dei vigili di Parma pochi giorni prima che la moglie facesse arrestare il comandante Jacobazzi per concussione e corruzione.

La Del Monte non fu certo tenera con Jacobazzi, interrogandolo dopo oltre un mese di carcere e disponendo i domiciliari (a 500 chilometri da Parma) il giorno dopo il colloquio sostenuto dal marito per ottenere il trasferimento in città.

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