Altro fango dalla Germania: l'Italia è criminale

Ossessionata da mafia e 'ndrangheta la "Frankfurter Allgemeine Zeitung" si dimentica dei narcos sudamericani

L'Italia del 1977 su "Der Spiegel"
L'Italia del 1977 su "Der Spiegel"

Berlino - Sarà l'imminenza del voto per le europee, occasione per confronti e scontri con gli altri partner del club continentale a 28, ma la Frankfurter Allgemeine Zeitung si è ricordata dell'Italia. «La mafia va dove ci sono i soldi», titola il quotidiano di orientamento conservatore, scrivendo che ‘ndrangheta e camorra provocano danni fiscali enormi alla Germania, stimati in 10 miliardi di euro. E siccome una immagine vale più di mille parole, la foto è quella del ristorante «da Bruno» di Duisburg, teatro di un sanguinoso regolamento di conti fra cosche calabresi la notte di Ferragosto del 2007.

«A causa della loro prossimità con l'Italia», sono le regioni tedesche sud-occidentali, Baviera e Baden-Württemberg, «i principali campi di azione della mafia in Germania». È Dieter Schneider, capo della polizia criminale del Baden-Württemberg, a spiegare alla Faz che «su 450 persone sospettate di essere legate alla criminalità organizzata, almeno 145 sono nella nostra regione. La spiegazione è semplice: la mafia va dove ci sono i soldi». Evasione fiscale, frodi all'erario, pirateria sono le aree in cui il ruolo delle cosche italiane è sempre molto forte. Classici i settori di attività: traffico di stupefacenti, riciclaggio di denaro, falsificazione di valuta, traffico illegale di automobili. Ultimamente, aggiunge Schneider, «abbiamo prove che la criminalità organizzata si sta espandendo al settore delle costruzioni».

Il Baden-Württemberg però non molla e, nonostante i mafiosi italiani agiscano tramite «strutture sempre più complicate» commettendo «gran parte delle attività criminali attraverso internet», nel Land l'anno passato sono state arrestate almeno otto persone in odore di mafia, «ed è stata impedita un'escalation di regolamenti di conti fra opposte ‘ndrine».
Diverso il discorso per la Baviera, considerata dalla Faz un vero e proprio porto sicuro per i mafiosi. Qua è il traffico di droga a prevalere tanto che, riferisce il capo della polizia criminale in Baviera, Mario Huber, «la ‘ndrangheta è diventata nel giro degli ultimi quindici anni il maggiore trafficante di cocaina al mondo». Dati ufficiali tedeschi stimano in 580 milioni di euro il traffico d'affari accertato della mafie italiane nella Repubblica federale con una crescita del 67 per cento sull'anno precedente.

È vero che nel 2013 l'italiano Roberto Pannunzi è stato arrestato in Colombia ed estradato nel Belpaese con l'accusa di essere uno dei più grandi trafficanti mondiali di polvere bianca: limitarsi a negare le responsabilità italiane sarebbe quanto meno riduttivo. L'articolo della Faz, però, non cita in alcun modo i cartelli sudamericani dei produttori né fa menzione della criminalità locale. Nell'articolo manca ogni accenno a una sempre maggiore globalizzazione dell'economia mondiale, traffici illegali inclusi, o al perché proprio in Germania la criminalità italiana trovi un terreno così fertile.

Forse una delle ragioni può essere individuata anche in quella poco commendevole ottava posizione mondiale, dopo il Libano e prima dell'isola di Jersey, assegnato lo scorso novembre dal Tax justice network proprio alla Repubblica federale, definita «l'Eldorado del riciclaggio di denaro». Invece accanto ai malviventi italiani, la Faz ricorda anche kazaki, kirghizi e uzbeki: malfattori provenienti dall'ex Unione sovietica e, di conseguenza, rigorosamente non tedeschi.

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