Milano Dalla Germania arriva un attacco in piena regola contro il numero uno della Bce, Mario Draghi. A tirare la prima bordata è il suo avversario per eccellenza, il presidente della Bundesbank Jens Weidmann, che stronca il piano salvaeuro imperniato sugli acquisti di bond dei Paesi in difficoltà: «La Bce deve guardarsene bene, perché è come finanziare gli Stati con una stampatrice di banconote: può creare dipendenza come una droga», dichiara senza mezzi termini allo Spiegel. Ed è solo l'inizio, poi tocca a un altro punto chiave del progetto Draghi, il tetto antispread: «Non è compito della Bce garantire la permanenza di un Paese nell'Eurozona a qualunque costo. Fissare i tassi di inflazione per i titoli di Stato è per me un'idea scabrosa. E non credo di essere il solo ad avere mal di pancia al riguardo». La frattura è insanabile, e Weidmann rincara la dose: «Basta con i tabu: serve trasparenza, la Bce non è un Politburo».
Come se non bastasse, a dargli man forte arriva nientemeno che Angela Merkel in persona: «Penso che sia un bene che Jens Weidmann metta in guardia i politici - dichiara di lì a poco in un'intervista alla tv Ar - Appoggio Weidmann, e credo sia un bene che lui, come capo della Bundesbank, abbia influenza nella Bce». Draghi colpito e affondato, dunque, al di là del riconoscimento formale, da parte della cancelliera, che l'istituto di Francoforte «sta agendo nell'ambito del suo mandato per la stabilità dei prezzi». A differenza del «falco» Weidmann, però, Angela Merkel è un capo di Stato, abituata alla diplomazia: quindi invita alla prudenza chi, anche all'interno della sua coalizione di governo, come il segretario della Csu bavarese, Alexander Dobrindt, chiama Draghi «il falsario d'Europa» e parla apertamente di un'uscita della Grecia dall'euro. «Nell'Ue abbiamo responsabilità reciproche, siamo un'unione politica - ammonisce -. C'è molto in gioco quando parliamo della Grecia e occorre fare molta attenzione alle parole».
E al fianco di Atene si schiera il premier austriaco Werner Faymann: «Credo che vi sia una buona possibilità che arriviamo ad una soluzione che preveda che i greci mantengano gli accordi con l'Ue ma in cambio ottengano più tempo - dichiara al settimanale Oesterreich -. La cosa più importante è che i greci continuino con le riforme e gli obiettivi di risparmio che hanno concordato con noi. Se questo è garantito, sono in favore a una dilazione per il debito». Ovvero, quello che il premier greco Antonis Samaras ha chiesto invano prima a Berlino poi a Parigi. Sia la Merkel che il presidente François Hollande hanno infatti replicato che tutto dipende dal verdetto di ottobre della troika Ue-Fmi-Bce. Inevitabilmente, quindi, dalla Germania arriva a stretto giro la doccia fredda sulle speranze di Atene: una proroga, che sia di sei mesi o di due anni, per la Grecia «non è fattibile», ha dichiarato il vicecancelliere tedesco liberale Philipp Roesler.
E oggi si apre una settimana chiave per i mercati finanziari, che guardano soprattutto all'Italia, dove è in calendario una serie di aste di titoli di Stato, mentre lo spread resta sopra quota 400. Domani, oltre all'emissione di Ctz tra i 2 e i 3 miliardi di euro, andranno in asta due emissioni di Buoni del Tesoro Poliennali (BTPi) per un ammontare complessivo da 500 milioni a 750 milioni.
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