Anche gli Usa al fianco di Draghi per ammorbidire la Bundesbank

Il segretario del Tesoro di Obama in Europa per convincere i tedeschi. Poi giovedì vertice tra banchieri sulle ricette anti spread: la Bce vuole una deroga per l'acquisto dei bond

Mario Draghi ha spesso un'aria imperscrutabile, da maestro riconosciuto della diplomazia del silenzio. Difficile però immaginarlo come un giocatore di poker, men che meno di quelli con il bluff nel sangue. La chiamata alle armi, quel segnale di mobilitazione straordinaria contro i fuochisti dello spread giunto giovedì scorso con l'ormai famoso «pronti a tutto per salvare l'euro», non ha certo l'aria della boutade di chi è privo di assi in mano. La sponda politica immediata ricevuta da Francia e Germania, oltre che dalla Spagna, è il segno che attorno a lui si è già coagulato un sostegno ampio e spendibile. Ed è anche e soprattutto la prova che Draghi, prima delle dichiarazioni nel cuore della City, aveva preventivamente tastato il terreno per coprirsi le spalle.
Ora, però, resta il grosso del lavoro da fare. Il timoniere della Bce sa bene che con il fuoco non si scherza: sui mercati, l'effetto euforizzante dell'annuncio durerà poco se alle parole non seguiranno - e presto - i fatti. Dal rally spettacolare di giovedì e venerdì è facile ripiombare nella depressione più cupa. La riunione dell'Eurotower, in calendario il prossimo 2 agosto, è ormai alle porte. E già lì Draghi, senza effetti speciali, dovrà forzatamente giocare a carte scoperte. Svelare, cioè, come intende muoversi. Al momento, la più grossa incognita al lieto fine del film horror dello spread si chiama Bundesbank. La linea, ribadita ancora una volta venerdì scorso, è quella di sempre, fedele all'ortodossia di chi non vuole salti nel vuoto perché teme fiammate inflazionistiche espressamente vietate dallo statuto della banca centrale. La Buba, peraltro, non conduce una battaglia isolata: ieri il ministro dell'Economia tedesco Philipp Roesler ha detto che «la Bce deve restare indipendente» e il suo compito è «assicurare la stabilità dell'euro, non finanziare l'indebitamento degli Stati». Parole che ben rappresentano le divisioni nella classe dirigente tedesca.
Compito di Draghi è dunque quello di far cambiare idea al capo della Bundesbank, Jens Weidmann, nell'incontro che si terrà prima del consiglio direttivo di giovedì prossimo. Forse in concomitanza con il rendez-vous che lo stesso Draghi avrà a Francoforte col segretario del Tesoro Usa, Tim Geithner, che da tempo sollecita l'Eurozona a uscire dall'impasse del debito sovrano a causa delle ricadute che potrebbe avere sulla rielezione di Barack Obama. Difficile tuttavia immaginare che la presenza di Geithner possa creare pressioni su Weidmann, indebolendolo. Toccherà così a Draghi essere convincente. Il punto su cui il numero uno della Bce può far leva è nella sostanza questo: se i normali strumenti a disposizione dell'istituto (tipo le manovre sui tassi) non funzionano e si verificano al contempo pressioni deflazionistiche (ovvero di ribasso del livello dei prezzi, con aggravamento della recessione), è allora possibile intervenire con operazioni di mercato aperto senza venir meno al mandato statutario.
L'interpretazione è molto sottile, ma apre un varco per consentire al fondo salva-Stati Efsf di acquistare sul mercato primario i titoli pubblici dei Paesi sotto attacco, mentre alla Bce toccherebbe il compito di mettere le mani sui Btp e Bonos già in circolazione. In futuro, sarà invece il fondo permanente Esm - provvisto della licenza bancaria - ad approvvigionarsi direttamente presso lo sportello della Bce. Questa è l'opzione che al momento sembra più praticabile, nonostante ieri il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, abbia smentito ogni possibilità che il fondo salva-Stati possa comprare bond emessi dalla Spagna. Le dichiarazioni di Schaeuble, che giovedì scorso aveva peraltro apprezzato l'intervento di Draghi, sembrano rimescolare le carte.
La partita è quindi ancora aperta, ma la posizione della Bundesbank all'interno della Bce resta delicata. Draghi può contare su un ampio seguito all'interno del board, soprattutto dopo che un «falco» come l'austriaco Ewald Nowotny ha aperto alla possibilità di usare armi non convenzionali per contrastare la speculazione.

E anche Berlino è sempre più timorosa per l'impatto della crisi sull'economia tedesca: secondo l'istituto di ricerca economica Inet, la Germania «rischia una bancarotta se non accetta la monetizzazione del debito da parte della Bce».

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