Qualche cattiva certezza e molti buchi neri. La circolare esplicativa dell'Agenzia dell'entrate sul bonus del governo Renzi ha fatto scricchiolare la «cura choc», tra conferme poco gradite (non sono 80 euro, ma 53,3 euro e la penalizzazione dei redditi più bassi) e diverse incertezze. È nel «non detto» del documento che si nascondono le trappole che potrebbero rovinare la festa agli italiani, fino all'ipotesi estrema e disastrosa: la restituzione a fine anno del bonus da parte di una buona fetta di contribuenti che l'hanno percepita.
A rischio i lavoratori che hanno fatto più e meglio o, comunque, i dipendenti di aziende dinamiche che puntano sulla qualità e la produttività piuttosto che sull'appiattimento. Oppure quelli che hanno messo in pratica una flessiblità virtuosa, e hanno più di un datore di lavoro.
Questo ultimo bug è più che altro tecnico. In sostanza, chi lavora per due datori di lavoro e ha un reddito inferiore ai 26mila euro, dovrebbe ottenere in automatico il bonus da entrambi. Allo stato attuale toccherà a lui restituire uno dei due.
Decisamente più politico l'altro rischio restituzione bonus. Un disincentivo alla produttività, in controtendenza con le politiche del lavoro degli ultimi anni e con tutte le raccomandazioni delle organizzazioni internazionali all'Italia. A rischio, i lavoratori che si trovano al limite del tetto massimo dei 26mila euro con la retribuzione ordinaria. Quelli che, nel corso dell'anno, incasseranno soldi extra per gli straordinari oppure per un premio di produzione, vedranno salire il loro imponibile. Visto che il bonus si calcola sullo stesso imponibile delle imposte e non sono previste deduzioni per il salario variabile, il dipendente premiato rischia di dovere restituire i quasi mille euro al fisco.
In alternativa sarà invogliato a rinunciare a ogni extra nello stipendio. In controtendenza, dicevamo, con tutte le scelte fatte negli ultimi anni dai governi italiani, che puntano a premiare e incentivare la produzione. E in contraddizione anche con il rifinanziamento del salario di produttività, sbloccato ieri dal governo, anche se dopo mesi di incertezze e pressioni fortissime, in particolare da parte della Cisl.
L'effetto non sarà certamente quello di un taglio del cuneo fiscale. «È una misura della quale - dice Rosario De Luca, presidente della Fondazione studi Consulenti del lavoro - non si capisce bene la natura. Non riduzione del cuneo, ma un contributo concesso dal governo ad alcuni cittadini, con l'esclusione delle fasce più basse, che non è sicuramente una scelta improntata all'equità».
Sulla soglia minima, ha protestato martedì Forza Italia attraverso Il Mattinale di Renato Brunetta, è stata fatta una precisa scelta politica che mira a escludere i redditi molto bassi, tra i quali non rientrano molti elettori della sinistra. In più, il bonus non sarà di 80 euro, ma 53-54 euro al mese.
Sempre sul fronte dei consulenti del lavoro c'è il problema dei tempi tecnici e del possibile slittamento a giugno nel caso in cui le aziende non siano pronte. «Siamo nelle mani delle software house», aggiunge De Luca. I programmi delle buste paga devono essere aggiornati alla luce della circolare uscita da pochi giorni. Con il ponte di mezzo, il rischio di uno slittamento è concreto. La circolare prevede comunque che la somma annua sia divisa in 7 mensilità invece che otto.
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