I problemi restano gli stessi, a partire dalle scarsissime risorse a disposizione per incidere realmente sul debito. Ma, a giudizio di Fitch, il solo fatto che Matteo Renzi abbia incassato una vittoria schiacciante alle elezioni europee vale la fiducia dei mercati. A patto che il governo faccia le riforme.
L'agenzia di rating Usa, insomma, cambia tono su premier e Paese. Promuove il presidente del Consiglio in carica ma, indirettamente, mostra ancora scarsa fiducia verso il sistema politico italiano. «La chiara vittoria elettorale del Pd su MS5 e Forza Italia rafforza il mandato di Renzi», si legge un rapporto sul voto europeo. Il risultato elettorale del Pd alle elezioni di domenica scorsa, «è positivo per il profilo del credito e dovrebbe fornire un'ulteriore spinta alla agenda di riforme economiche di Renzi».
Gli analisti Fitch usano il condizionale, ma la promozione c'è e conta perché arriva dopo giudizi di segno opposto espressi non molto tempo fa. Nel febbraio scorso, prima che governo giurasse, la stessa agenzia di rating disse che Renzi avrebbe avuto le stesse difficoltà di Enrico Letta.
Fitch non dice se il rating italiano migliorerà a breve. Ma tutto lascia pensare che non sarà così. La retrocessione in serie B è iniziata nel 2012. Nel marzo del 2013 l'agenzia di valutazione del credito declassò l'Italia a «BBB+», togliendo la A, ultima tra le grandi agenzie di rating. Un anno prima - in carica c'era il governo Monti - erano state Standard&Poor's e poi Moody's a declassare l'Italia.
Il cambiamento di segno nei confronti risale ad aprile, con un mini miglioramento nell'outlook (cioè nelle previsioni) dell'Italia, passato da «negativo» a «stabile». Nelle motivazioni Fitch segnalò, soprattutto, il miglioramento dei rischi legati al settore finanziario, con «le grandi banche che hanno beneficiato di migliori condizioni di mercato per rafforzarsi». In altre parole, grazie all'intervento della Bce.
Per riportare l'Italia alla A, Renzi non potrà che fare le riforme che stabilizzino il quadro politico. Per ora l'Italia resta con il gruppo di Paesi periferici dell'Ue. Anche per Spagna, Grecia e Portogallo, l'agenzia di rating sottolinea la tenuta dei governi in carica. Tutto dipende da come sarà utilizzato il consenso ottenuto con il voto di domenica.
Ieri sia il premier sia il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan hanno parlato, in modo indiretto, di riforme. Renzi ha dato per imminente la chiusura del pacchetto di misure sulla pubblica amministrazione del ministro Madia, rivendicando il successo della consultazione online. «Marianna Madia mi ha portato il report sulla consultazione della riforma Pa: 34674 email di proposte. Ci siamo».
Padoan ha assicurato che il semestre italiano di guida dell'Ue sarà utilizzato per promuovere in Europa crescita e occupazione. Ma il governo ha già abbastanza gatte da pelare in patria. Ancora nessuna notizia sul decreto Tasi. Padoan ha detto che saranno anticipate le risorse ai Comuni per finanziare il rinvio, ma «nell'ambito delle risorse disponibili». Segno che i soldi non sono.
Doccia gelata sulle imprese che chiedono più attenzione (ieri il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi ha chiesto un taglio dell'Irap più coraggioso).
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