Assalto al Cav sul golpe fallito di Fini

La procura di Napoli prova a incastrare Berlusconi sul cambio di casacca dei deputati Fli nel 2010

Assalto al Cav sul golpe fallito di Fini

La procura di Napoli ci riprova. Dopo il rinvio a giudizio di Berlusconi per la presunta compravendita di senatori finalizzata a far cadere il governo Prodi (il processo inizierà l'11 febbraio, l'accusa è di corruzione), ora i pm Henry John Woodcock e Vincenzo Piscitelli lanciano l'assalto anche sui cambi di casacca in Parlamento che, nel dicembre del 2010, permisero al governo Berlusconi di superare indenne la mozione di sfiducia presentata dai finiani di Fli.

Il dettaglio emerge dagli atti giudiziari della nuova inchiesta per corruzione internazionale che ha portato lo scorso 20 dicembre al nuovo arresto dell'ex direttore-editore dell'Avanti! Valter Lavitola. E la sponda per il nuovo filone su Berlusconi i magistrati partenopei l'hanno cercata proprio ascoltando Gianfranco Fini.

L'ex leader di An e Fli viene convocato in una caserma della Finanza, a Napoli, all'inizio di aprile scorso, in merito al presunto ruolo di Valter Lavitola nella vicenda della casa di Montecarlo dove abitava il cognato, Giancarlo Tulliani. Ma i due pm approfittano dell'occasione per fornire a Fini un assist in chiave anti-Cav anche sulla vicenda che, il 14 dicembre 2010, vide affondare la mozione di sfiducia targata Fli per l'astensione di Silvano Moffa e il voto contrario di Catia Polidori e Maria Grazia Siliquini. L'ipotesi della procura è che il successivo incarico di governo della Polidori (e la chiamata rifiutata al Cda delle Poste per la Siliquini) fossero una sorta di «premio» per il cambio di casacca.

Fini chiamato a rispondere sul punto ricorda bene l'episodio, conferma che «è certamente vero che alcuni deputati di “Futuro e Libertà” sottoscrittori della mozione di sfiducia non la votarono», e che quel «ripensamento» fu «determinante il respingimento della stessa». Ma, aggiunge l'ex presidente della Camera, «non conosco ragioni diverse da quelle pubblicamente addotte dagli interessati». Insomma, Fini non avanza a verbale ipotesi suggestive su episodi in odore di corruzione dietro ai voltafaccia della fine del 2010, e dopo aver detto di non sapere nulla della presunta compravendita dell'ex senatore Sergio De Gregorio (quando anche lui era solidamente nel Pdl), non fornisce ai pm alcuna pistola fumante sul nuovo fronte d'indagine.

Un fronte su cui i magistrati napoletani però avrebbero continuato a lavorare. Ad aprirlo era stato sempre De Gregorio, che dopo aver sostenuto con la procura partenopea di essersi «venduto» al centrodestra in cambio di tre milioni di euro (patteggiando una condanna e «spingendo» il rinvio a giudizio del Cav e di Lavitola) ha aggiunto di conoscere anche le circostanze dell'abbandono di Fli da parte dell'attore ed ex deputato Luca Barbareschi, che voltò le spalle a Fini a febbraio 2011, passando al gruppo misto. A dire dell'ex senatore, il regista di quell'operazione sarebbe stato Denis Verdini, e proprio Verdini avrebbe rivelato a De Gregorio di aver dovuto assicurare all'attore-politico l'inserimento nei palinsesti Rai di tre produzioni televisive della Casanova Multimedia per «convincerlo» a mollare Gianfranco Fini. Quando il Fatto quotidiano rivelò l'accusa lanciata da De Gregorio, Barbareschi e Verdini si affrettarono a smentire.

D'altra parte, la Casanova Multimedia in Rai lavorava bene già prima

dell'abbandono di Barbareschi alla causa finiana: nel solo 2010, quando l'attore tuonava contro il Cavaliere, ben sette fiction prodotte dalla sua società erano state approvate dalla direzione generale della tv di Stato.

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