Presidente, i soliti noti hanno rovesciato la frittata. Chi ricatta chi? La domanda è semplice semplice.
«Ho un rapporto consolidato e leale con il presidente Napolitano. Lo sanno tutti. Al mio primo discorso parlamentare da premier, nel 1994, la sua replica di capogruppo alla Camera fu tanto civile, in mezzo a quelle simulazioni di guerra che caratterizzavano la faziosità della sinistra, che mi alzai dal banco del governo e lo raggiunsi in aula per una stretta di mano. Quel fair play, malgrado dissensi schiettamente politici in alcune fasi della mia attività di governo, non è mai venuto meno, e non verrà meno in futuro. Per certi aspetti siamo diversi, agli antipodi, ma per stile nelle relazioni personali e istituzionali, e per sostanza politica, considero il capo dello Stato un impeccabile servitore della Repubblica. Ed è per questo, aggiungo, che in questi mesi tormentati il Quirinale è stato oggetto di attenzioni speciali e tentativi di condizionamento impropri, e brutali, ai quali sono completamente estraneo, dei quali sono un avversario deciso. La frittata non è rovesciabile».
Strepitano contro l'inchiesta e la copertina di Panorama, «settimanale della famiglia Berlusconi».
«Coloro che da vent'anni mi fanno l'onore di considerarmi il loro Arcinemico, e che hanno tentato di ridurre la politica italiana a un sistematico scontro personale, fazioso e diffamatorio, hanno stabilito questa legge: il giornalismo d'assalto che deforma i fatti, che inventa le notizie autenticamente false, che travolge la privacy e la decenza, è un campione della professionalità che i cattivi vogliono imbavagliare, mentre il giornalismo professionale, che analizza e approfondisce le questioni, che argomenta e deduce, che si muove con uno spirito sinceramente libero, è la macchina del fango. Viene da ridere, e anche un po' da piangere. Mondadori è un grande editore, Panorama è il primo newsmagazine italiano, è tutta gente che fa il suo mestiere. Il bue che avvilisce sistematicamente l'informazione a strumento di una malagiustizia e di una malapolitica dà del cornuto all'asino. La giusta decisione di sollevare conflitto di attribuzione presso la Corte costituzionale non riguarda il settimanale mondadoriano, ma i comportamenti di una procura della Repubblica e i suoi portavoce a mezzo stampa, che oltre tutto per evidenti ragioni di piccola politica adesso litigano tra loro. I cittadini non sono stupidi, certe cose le capiscono al volo».
Ma il comunicato del Quirinale parla di «periodici e quotidiani» e, definendo inattaccabile il comportamento presidenziale, rigetta «manovre torbide e destabilizzanti».
«Sono un esperto della materia. Nel senso che sono stato oggetto di simili manovre per anni, con conseguenze negative per l'esercizio libero della sovranità democratica in questo Paese. Non gioisco per il fatto che questo metodo è arrivato, per calcoli politici precisi e direi di bassa lega, a lambire la massima istituzione dello stato. Anzi, proprio per evitare manovre torbide e destabilizzanti, italiane e internazionali, nell'interesse di un'Italia che amo e ho sempre amato, ho contribuito in modo determinante, nello scorso mese di novembre, al varo di un'operazione di emergenza imperniata sul governo del senatore Mario Monti e della sua compagine tecnica. Ritengo di essermi comportato da uomo di Stato e da patriota.
Ho mantenuto e mantengo la mia autonomia di giudizio sul percorso intrapreso allora, continuo a considerarmi quello che sono, il presidente del partito che ha vinto le elezioni nel 2008 e che ha sempre messo l'interesse nazionale davanti a ogni altra cosa».
Viene fuori che Antonio Di Pietro informava con anticipo il console americano a Milano dei suoi progetti giudiziari, e che l'ambasciatore di carriera appena scomparso, Reginald Bartholomew, mise le cose a posto, anche per l'orrore che gli americani provavano per la carcerazione preventiva usata come tortura.
«Chissà cosa pensano della pubblicazione guidata e orientata, e manipolata, delle intercettazioni, anche di quelle che non hanno alcun risvolto penale e servono soltanto a colpire in modo infamante e diffamante gli avversari politici. La democrazia dei processi politicamente e faziosamente orientati è il principale ostacolo, e da molti anni, al libero dispiegarsi di una democrazia civile, fattiva, capace di affrontare i veri problemi della Repubblica. Senza una radicale riforma della giustizia l'Italia non si salva, questo lo sanno bene sia gli americani sia gli italiani nella loro assoluta maggioranza.
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