Gli avvocati contro i magistrati: sono loro a sfasciare la giustizia

Oggi in mille si ritrovano a Napoli per denunciare il collasso del settore. E puntano il dito contro i costi record e i danni fatti dalle ultime riforme

Gli avvocati contro i magistrati: sono loro a sfasciare la giustizia

Roma - Oggi saranno in mille a Napoli, alla convocazione straordinaria degli Stati generali dell'avvocatura, per decidere eventuali proteste. E puntare il dito contro i magistrati, che ritengono più responsabili di loro delle lunghezza dei processi, degli sprechi, della «malagiustizia» in una parola sola.
Gli avvocati venuti da tutte le regioni d'Italia per l'VIII Conferenza nazionale dell'Organismo unitario dell'Avvocatura non ci stanno più a venire presentati come i colpevoli principali dello sfascio. E si preparano a dimostrare, carte e dati alla mano, che la bilancia delle colpe pende dal lato delle toghe e dello stesso ministero della giustizia, guidato dalla Guardasigilli Anna Maria Cancellieri, che ha disertato l'importante appuntamento.
Finora avevamo assistito soprattutto a battaglie dei penalisti su questa linea, ma adesso è la rappresentanza politica forense dell'Oua a scendere in campo pesantemente. Il presidente Nicola Marino prepara un duro attacco alle toghe e noi anticipiamo i dati sui quali poggia.
Si parte dal primo paradosso. Secondo il Cepej (Commissione Ue per l'efficienza della giustizia) la media in Europa per finanziare il sistema giudiziario è di 57,4 euro pro capite, mentre in Italia è 73 euro, con alti costi per l'erario e servizi giudiziari insoddisfacenti per i cittadini.
«Ma il nodo - attacca Marino - è anche legato ai 2,3 miliardi di euro che servono per pagare gli stipendi di magistrati, cancellieri e addetti agli uffici giudiziari. Solo la Germania spende di più, quasi 5 miliardi di euro ma con risultati di efficienza di gran lunga superiori. Le toghe italiane guadagnano più di tutti i loro colleghi europei: all'apice della carriera percepiscono uno stipendio pari a 7,3 volte quello medio di un dipendente. Certo non seguendo criteri di merito e risultato, visto lo stato della giurisdizione. Quindi non è solo un problema di risorse umane, ma di cultura, di meritocrazia e di organizzazione».
Poi, il numero uno dell'Oua passa al capitolo carenze d'organico: «Se è vero che mancano circa 1.200 magistrati e funzionari, bloccati dal turn over del pubblico impiego, è anche vero che abbiamo molti togati distaccati nei ministeri (oltre 200), che potrebbero rientrare nei ranghi a dar man forte sul territorio». Una doppia responsabilità l'avrebbero i magistrati al ministero di Giustizia, che per l'Oua «sono diventati il motore di tutte le controriforme del settore: mediazione obbligatoria, chiusura di mille uffici giudiziari (che invece di risparmi ha prodotto ulteriori confusione, ritardi e sprechi), filtro in appello, aumenti del contributo unificato e delle marche, abbreviazione dei tempi a scapito del difensore, attacchi al gratuito patrocinio, norme sulle cosiddette “liti temerarie”. Novità che per gli avvocati peggiorano e non migliorano il sistema. E che si sommano al deficit tecnologico degli uffici, all'uso e al costo eccessivo delle intercettazioni, a un organizzazione del lavoro delle toghe «attenta ai privilegi».
Sulla lentezza dei processi, l'Oua rispedisce al mittente le accuse. «È falso - dice Marino - il luogo comune che gli avvocati guadagnino di più con processi lunghi. È l'esatto contrario ed è incomprensibile come nessuno si soffermi sui tempi dei rinvii dei giudici, spesso arbitrari e quasi sempre eccessivi».

La domanda di giustizia è troppo elevata e le regole procedurali sono a volte kafkiane, ammettono gli avvocati, ma «le continue micro-riforme hanno reso più contorto il processo». E la macchina antiquata della giustizia è vicina al collasso.

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