Azienda chiede i danni: sequestrata per due anni durante l'inchiesta flop

NapoliLa toga se l'è scrollata di dosso ormai dal 2009 ma le imprese da ex pm continuano a far parlare di sé Luigi de Magistris. Un'altra vittima di «Giggino 'a manetta», il Gruppo Marinagri, coinvolta nella inchiesta delle «Toghe lucane», si è rivolta alla Corte di Strasburgo per vedersi riconosciuto un risarcimento circa un ingiusto sequestro (un villaggio turistico, conti correnti) durato 2 anni. Danni per molti milioni che hanno rischiato di mandare in fallimento l'operazione, un villaggio turistico, Marinagri di Policoro (Matera) che dà lavoro a 120 persone.
Il 13 luglio scorso il legale della Marinagri, Francesco Mele, aveva presentato alla Corte di Strasburgo una istanza interlocutoria per consentire l'apertura di una procedura contro il governo italiano. A seguito di tale lettera è stato avviato un procedimento e, secondo prassi, è stato inviato un formulario a Strasburgo, nel quale sono spiegate le ragioni della rivendicazione.
«Sostanzialmente addebitiamo al sistema normativo italiano, il mancato riconoscimento di qualsiasi forma di indennizzo per chi subisca misure cautelari patrimoniali, nonostante all'esito del giudizio venga riconosciuta la totale innocenza degli imputati», spiega al Giornale l'avvocato Mele. Nel caso in cui la Marinagri dovesse vedere riconosciuti i suoi diritti, lo Stato dovrà risarcire l'azienda di Policoro. Un esborso eventuale di svariati milioni, forse, decine di milioni, che, ovviamente, grazie a Giggino ricadrà sui cittadini.
L'intera vicenda delle «Toghe lucane» è durata 11 anni, 33 persone sono state indagate, tra queste, un sindaco, professionisti, imprenditori, coinvolti anche due magistrati. Nove i capi d'imputazione a carico del principale imputato, Marco Vitale, proprietario del villaggio turistico. Accuse poi demolite prima dal gip del tribunale di Catanzaro e successivamente dai giudici della Corte di Appello, con l'assoluzione di tutti gli imputati mentre, «vi fu una declaratoria di inammissibilità della Corte di Cassazione, perché il ricorso fu, tra l'altro presentato fuori termini», spiega al Giornale l'avvocato Riccardo Laviola. «Ciò fu fatto rilevare alla Procura generale, che decise di rinunciare al ricorso», dice il penalista.
De Magistris nel frattempo è stato trasferito d'ufficio e dalle funzioni di pm dal Csm. Sbarcò nella sua Napoli con il ruolo di gip. Ma poco dopo, nel 2009, si sfilò la toga per correre ad abbracciare il suo ex amico Antonio Di Pietro. Appena sei giorni fa la cronaca giudiziaria si era già dovuta occupare di de Magistris, per un'altra sua indagine terminata in Cassazione con l'assoluzione piena di tutti gli imputati. L'inchiesta «Why not», avviata quando Giggino era un pm in forza alla Procura di Catanzaro. «Why not», «Toghe lucane», storia di due indagini smontate dagli ex colleghi di de Magistris, fino al terzo grado di giudizio, con la piena assoluzione di tutti gli imputati, oltre 130 nell'ambito delle due inchieste.

Ecco perché l'ex pm, da «Giggino 'a manetta», titolo che gli è valsa una grande popolarità e il trionfale lancio nel mondo della politica, è diventato nel giro di una mezza dozzina di anni, «Giggino 'o flop». E Napoli, che generosamente lo ha eletto pure sindaco, convinta di fare la scelta migliore, è finita nella sue mani. Il risultato è sotto gli occhi di tutti.
carminespadafora@gmail.com

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