«Un atto di follia». Così Magdi Cristiano Allam definisce la decisione di schierare il suo movimento Io Amo l’Italia alle prossime elezioni politiche. Il target è chiaro (l’elettorato moderato,cattolico, di centro), eventuali alleanze no, perché «è controproducente oggi mescolarsi sia con i partiti che si sono autoscreditati esercitando il potere in modo consociativo sia con un’opposizione che specula su ciò che non va ma è priva di contenuti». E poi «oggi come oggi chi è in grado di prevedere chi e come si presenterà alle elezioni?».
Allam, solo follia?
«No. L’Italia che Amo vuole essere il punto di riferimento per gli italiani che hanno a cuore i valori che io definisco non negoziabili: centralità delle regole; diritti e doveri; perseguimento del bene comune. Attorno a essi intendiamo chiedere il consenso della gente disorientata che per metà non va a votare e per l’altra metà tende a premiare la novità».
Novità che secondo lei sono prive di vere soluzioni. E le sue, di soluzioni?
«Bisogna partire dalla certezza della realtà per avere la capacità di vedere lontano. Prenda l’euro. Gli esperti dicono che uscirne sarebbe una catastrofe, ma noi abbiamo verificato che non è vero».
Alt. Non è certo lei il solo a proporre l’uscita dall’euro...
«Ma la nostra proposta è qualitativamente diversa da quella di Grillo. Noi pensiamo che lo Stato italiano debba tornare a emettere la propria moneta a parità di cambio con l’euro, che continuerebbe ad avere corso legale».
E allora, quali vantaggi ci sarebbero?
«Riacquisteremmo la nostra sovranità monetaria. Ci troveremmo nella condizione di disporre della valuta necessaria per pagare i 100 miliardi che lo Stato deve alle imprese, delle risorse per lo sviluppo. Questo vorrebbe dire fare autenticamente gli interessi degli italiani.
Altro che spread».
Lo spread?
«Ma sì, siamo impazziti per una parola che io in sessant’anni divita non avevo mai sentito, in nome dello spread hanno anche fatto fuori Berlusconi. Ma a me interessano le persone che soffrono, gli imprenditori che si suicidano pur vantando crediti con la pubblica amministrazione, i giovani che a trent’anni non sono nemmeno ancora entrati nel mercato del lavoro e vivono con i genitori».
Un quadro catastrofico...
«Un vero vicolo cieco. E dopo quella monetaria ci vogliono togliere anche la sovranità nazionale. Vede, l’80 per cento delle nostre leggi sono la semplice trasposizione delle direttive europee figlie di una commissione di 40mila burocrati che non sono stati eletti da nessuno e a nessuno rispondono.
L’Europa è profondamente antidemocratica e ciò ha pesanti ripercussioni sull’Italia».
Ci fa un esempio?
«Di recente da una risoluzione sulla lotta all’omofobia in Europa si è approdati alla legittimazione del matrimonio omosessuale. Apice della civiltà è considerato tutto ciò che è lontano dalla vita e dalla nostre radici giudaico-cristiane: aborto, eutanasia, matrimonio omosessuale. Abbiamo messo in soffitta la ragione. Idolatriamo solo il dio euro».
Le parla anche di Federazione dei comuni. Che significa?
«Il comune è la realtà che più compiutamente può rappresentare gli interessi delle famiglie e delle piccole imprese che rappresentano l’80 per cento del nostro tessuto imprenditoriale.
Io immagino di rovesciare la piramide: noi paghiamo le tasse al sindaco, che con vincolo di mandato e responsabilità civile e penale gestisce il territorio, e lo Stato interviene con una sussidiarietà limitata ad alcuni ambiti. Con un presidente della Repubblica elettivo ed esecutivo, che garantisce unità, solidarietà e governabilità, avremmo un nuovo modello di Stato».
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