Il 2012 finalmente sta per finire. Si chiude l'anno montiano, quello dei tecnici, del loden e delle tasse. Silvio Berlusconi ritiene che lui, come molti italiani, non lo rimpiangerà. «Paura, pessimismo e sfiducia sono arrivati dopo un anno di governo tecnico ma a questo noi non dobbiamo rassegnarci, dobbiamo ridare fiducia agli italiani e stiamo già preparando diverse misure». Il problema vero è come andare avanti, come uscire da questo orizzonte buio senza certezze e da una crisi di soldi, lavoro, impresa, futuro. «Dopo le ricette del declino e dell'austerità del governo tecnico arriveranno le nostre ricette per la crescita e lo sviluppo». Il Cavaliere è partito per la Francia, destinazione Chateauneuf de Grasse. È qui che passerà l'ultimo giorno dell'anno, con la figlia, con Marina, che in Costa Azzurra ha una villa. Com'è l'Italia vista dall'altra parte del confine? Complicata. Berlusconi da tempo ha una strategia per non arrendersi alla vittoria di Bersani e ai giochi di prestigio del centro casiniano con la maschera di Monti sul volto. Il problema è che non tutte le tessere del mosaico sono ancora a posto.
L'incontro di via Rovani, a Milano, non è andato come si sperava. L'alleanza con il Carroccio resta lontana. Il Cavaliere, però, non è uno che si arrende facilmente. È convinto che con Maroni ci siano ancora margini di trattativa. Ne parla davanti alle telecamere del Tg5. «Sono molto ottimista. L'accordo con Maroni è nei fatti. È un vantaggio per entrambi e la Lega lo sa. Gli elettori leghisti e i nostri vogliono le stesse cose: meno tasse, più sicurezza, una maggiore stretta sull'immigrazione». Questa sarà ancora la prima questione del 2013, con la speranza di trovare un punto d'incontro. Intanto Ignazio La Russa si propone come mediatore, ma c'è anche la grana Albertini: «Ha deciso la sua candidatura senza averla concordata con noi e questo è un ostacolo nell'accordo con la Lega. Visto che la bocciatura è certa non vedo perché non abbia il coraggio di ritirarsi e di pensare a un suo impegno per l'Italia facendosi eleggere al Senato».
Non c'è solo il Carroccio. Berlusconi guarda con amarezza all'inganno dei tecnici. Si è sentito ancora una volta tradito. Quando lui ha fatto il passo indietro, convinto da Napolitano, e ha aperto la strada a Monti erano state dette altre parole. I patti erano diversi. Nel rettore della Bocconi vedeva un alleato, uno con un carattere diverso ma della stessa squadra. Fu il Cavaliere a indicare Monti come commissario europeo. Ancora una volta però il tecnico si è trasformato in politico e in avversario. Lo ha appoggiato, pur mostrando diverse riserve sulla politica economica di questo governo di professori. È andato avanti fino a che si poteva. Ora la risposta spetta al voto. «Monti? Una delusione, ma nessuna preoccupazione. La scelta di un governo tecnico non votato dagli elettori è già stata una parentesi di sospensione della democrazia. Ora io credo che il fatto che i tecnici si trasformino in politici sia una scorrettezza doppia, comunque saranno gli italiani a giudicare».
Quello che fa infuriare Berlusconi sono le scelte e le «amicizie» politiche del rettore. «Non vi sembra strano che il capo dei tecnici sia ormai diventato il vice di Casini? Monti si è unito a un'anomala armata Brancaleone che fa da ruota di scorta alla sinistra».
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