A ieri sera non c'era ancora traccia alcuna di qualsivoglia convocazione. Segno evidente che molto difficilmente si terrà oggi il secondo tempo della riunione degli eletti di Forza Italia andata in scena giovedì scorso non senza qualche mal di pancia. In quelle quattro ore, infatti, Silvio Berlusconi aveva sì ribadito la bontà del patto del Nazareno ma aveva anche dovuto sorbirsi le obiezioni di chi l'accordo sulle riforme - a partire dal Senato non elettivo - non lo vede affatto di buon grado. Una pattuglia che Augusto Minzolini quantifica in «almeno dieci senatori» e che con i frondisti del Pd arriverebbe a toccare quota trenta.
Tornare oggi a riunire deputati, senatori ed europarlamentari azzurri, rischia insomma di riaprire la querelle dentro il partito, con un Berlusconi che peraltro ha già deciso la linea da tenere sulle riforme. L'ex premier, infatti, non ha alcuna intenzione di mettere in discussione l'impegno preso con Matteo Renzi e proprio per questa ragione negli ultimi giorni ha contattato personalmente i senatori più scettici per convincerli a non votare contro quando il ddl arriverà nell'aula di Palazzo Madama. Non è la riforma che avremmo voluto noi ma il frutto di un compromesso con il Pd, detto questo - è il senso dei ragionamenti del leader di Forza Italia - è un primo passo nella direzione giusta e non avrebbe senso arroccarsi e fare i difensori dello status quo. Stesse argomentazioni usate sia da Gianni Letta che da Denis Verdini, anche loro in questi giorni molto attivi al telefono.
Per tutta la giornata di ieri, dunque, la riunione di oggi ha aleggiato sull'agenda dell'ex premier, con i sostenitori dell'accordo del Nazareno che hanno molto spinto per farla saltare. D'altra parte, quel che c'era da dire Berlusconi l'ha affidato ad una sua nota ufficiale venerdì e, questo il ragionamento, sarebbe inutile adesso riaprire la discussione. È questa la linea di Verdini, l'uomo della trattativa con Renzi insieme a Letta, e di tutta quella parte di Forza Italia che vorrebbe blindare l'intesa. «La riforma del Senato - spiega Daniela Santanché - deve andare subito in porto perché gli italiani ne hanno abbastanza delle belle parole». Mentre Ignazio Abrignani punta il dito sui «tre punti» del «patto sottoscritto da Berlusconi lo scorso 18 gennaio» sulla riforma del Senato: no costo, no bicameralismo e no elezione diretta. «Su questi punti - dice l'azzurro - non si deroga». A sera, la linea la dà Giovanni Toti. Il consigliere politico di Berlusconi cerca di smorzare polemiche e allarmismi, spiega che «in tutti i partiti ci sono differenti sensibilità» ed aggiunge che «il prosieguo dei lavori parlamentari darà modo di chiarire fino in fondo» le divergenze. Con un corollario: «L'obiettivo resta quello di portare a termine un importante lavoro per il Paese». Sulle riforme, insomma, si va avanti.
Anche se c'è da capire come reagiranno oggi i cosiddetti frondisti. Se come sembra non ci sarà alcuna riunione (ma non è escluso possa semplicemente slittare a domani) è infatti possibile che qualcuno si faccia sentire e manifesti pubblicamente il dissenso. D'altra parte, al netto del confronto sulle riforme, in Forza Italia i nervi sono tesi ormai da mesi e il braccio di ferro nel partito va avanti sì sottotraccia ma senza sosta.
Non è un caso che uno dei timori di chi ieri caldeggiava il rinvio sine die della riunione fosse proprio che al confronto sulle riforme si potessero saldare i malumori di chi, come per esempio Raffaele Fitto, non condivide la linea che il partito sta tenendo in questi mesi.Per non parlare dei tanti parlamentari che ancora non hanno mandato giù la richiesta di rimpinguare le casse vuote del partito con un contributo che viene quantificato intorno ai 25mila euro.
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