Mancano i soldi. Il governo, gira che ti rigira, ha deciso di sfilarli dalle solite tasche dei soliti italiani che pagano già tutto e più di tutto. Però. Però c'è una bugia, grande come il Parlamento, che merita di venir denunciata. Una bugia che si chiama cassa integrazione. L'hanno smascherata con una sapida inchiesta i colleghi del quotidiano Il Mattino di Napoli. E che cosa hanno scoperto? Hanno scoperto, una volta di più che i soldi pubblici (già, quelli che mancano o mancherebbero secondo le acute analisi dei politici) in realtà per la cassa integrazione ci sono. E vengono puntualmente sprecati. A conti fatti, a conclusione del 2013, questo strumento, istituito per tamponare un'emergenza temporanea di aziende in crisi e dei lavoratori senza stipendio, sarà costato oltre 5,3 miliardi di euro. E, per arrivare a fine anno, continuando a dispensare elargizioni, piangono le Regioni, servirebbero almeno 800 milioni di euro. Una progressione incontrollata, se si considera che, soltanto cinque anni fa, nel 2008, non si era andati al di sopra del miliardo. Una cifra ancora più significativa se raffrontata all'abolizione dell'Imu che da sola vale 3,8 miliardi.
Detto questo arriviamo al pubblico sbugiardamento. Non è che non ci sono i soldi e che la crisi divora il divorabile, la verità vera è ben diversa: la verità vera è che un cassintegrato su quattro è falso. E questa vera verità l'ha detta, tra le virgolette di una dichiarazione ufficiale, Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera, deputato piddino e molto vicino, peraltro, al presidente del Consiglio, Enrico Letta. Peccato che in Parlamento nessuno abbia dato credito e peso alle parole di Boccia, che sembrerebbero avere più di un fondamento, perché almeno il cinquanta per cento della cassa integrazione è ottenuto, oggi come oggi in Italia, in assenza dei requisiti di legge, quindi è un colossale falso, che puzza di truffa. E risponde ad una mera logica di assistenzialismo, in omaggio e in ossequio, allo strapotere del sindacato. Un esempio sufficientemente eloquente? Un caso che, proprio in Campania, brilla su tutti, quello degli ex Ixfin (ex Olivetti, ex Texas) che da sette anni ricevono i sussidi erogati dalla cassa integrazione senza che sia stato fatto anche un solo, timido tentativo, in tutto questo tempo, di trovare una reale ricollocazione di parte o di tutti i dipendenti.
Comodo quindi, troppo comodo, lasciare le cose come stanno e lasciare che il denaro pubblico della cassa integrazione venga sprecato. Sarebbe per un politico, che con la politica ci campa, una manovra impopolare muoversi, per una volta, controcorrente e chiedere conto di questa montagna di soldi pubblici sprecati solo per tenere a galla situazioni e fabbriche che hanno perso da tempo capacità concorrenziale e produttiva. E dunque? Dunque meglio lasciare che parlino certi numeri. In Calabria, per esempio, la spesa per la cassa integrazione tocca la ragguardevole quota di 440 milioni di euro e supera largamente quella della Lombardia, dove qualche aziendina in più c'è, che si ferma a 372 milioni di euro. I conti non tornano anche se ci si sposta da Est ad Ovest. In Veneto la spesa per la cassa integrazione è davvero un dato più che interessante: 561 milioni di euro. Una cifra pari a più del doppio di quella del Piemonte che presenta un conto di 212 milioni di euro. C'è il sospetto quindi, soltanto prendendo in considerazione questi pochi casi, che da un lato ci si trovi davanti a situazioni di reale emergenza, e, dall'altro, a concessioni di privilegi per conquistare consenso e foraggiare clientele varie. Non sentite odor di bruciato?
Se lo sente il presidente della commissione Bilancio della Camera, Boccia forse è il caso di dargli retta e di correre ai ripari.
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