«La casta dei giudici vuole un potere incontrollabile»

Professor Luttwak, lei si trova a Tokyo in questi giorni in cui l'Italia è alle prese con una sentenza controversa: sei anni di carcere a sette scienziati per il terremoto dell'Aquila.
«La notizia è stata ripresa dai giornali giapponesi, seppure senza quel senso del ridicolo rinvenibile sulla stampa europea o americana, che non appartiene alla cultura nipponica. C'è piuttosto un diffuso sbigottimento per un fatto giudicato incomprensibile, come se fosse nato un bambino con due teste».
Che cosa risulta così incomprensibile?
«Non si capisce come sia possibile che in un Paese civile dei magistrati processino e condannino degli scienziati per non aver previsto un terremoto. L'Italia rientra così tra i Paesi “henna”, che in giapponese significa “strani”».
È la stranezza dell'esotico?
«Agli occhi di chi abita qui e convive con i fenomeni sismici, l'Italia è un Paese “henna” alla stregua dell'Iran dove gli omosessuali vengono impiccati, o del Pakistan dove le ragazze che vogliono andare a scuola vengono punite».
Tornando alla sentenza le obietteranno che in realtà i sismologi sono stati condannati per aver rassicurato la popolazione locale. Lo sciame sismico andava avanti da quattro mesi.
«Secondo il giudice, dunque, in presenza di instabilità sismica gli scienziati avevano il dovere di ordinare l'evacuazione dell'intera zona, anzi perché non dell'intero territorio nazionale dato che tutta quanta l'Italia è a rischio sismico. Seguendo la stessa logica, a Napoli i tecnici dovrebbero ordinare alla popolazione di abbandonare la città già domani. Il Vesuvio potrebbe esplodere da un momento all'altro».
C'è da chiedersi chi oserà ancora fornire una consulenza in materia dopo questa pronuncia.
«È una bella domanda. Io penso che emerga ormai con chiarezza l'istinto della casta giudiziaria italiana: per aumentare il proprio potere bisogna espandere il perimetro della criminalità. È una china pericolosa già emersa in diversi casi di incidente industriale».
A chi si riferisce?
«Per esempio, alla sentenza Eternit. Ci sono nel mondo quaranta Paesi dove si sono verificate tragedie legate all'amianto e ogni volta si sono celebrati processi in sede civile. L'Italia è l'unico Paese dove un magistrato a Torino chiede e ottiene la condanna penale dell'azionista di maggioranza per disastro doloso. Adesso si vorrebbe applicare la stessa logica all'impianto siderurgico dell'Ilva: esistono dappertutto regole di tutela ambientale e autorità preposte a vigilare sul loro rispetto. Per chiudere una fabbrica però serve la decisione di organi tecnici, formati da esperti che si pronunciano sulla base di rigorosi criteri scientifici. Non può certo decidere un magistrato».
I magistrati ricorrono alle perizie.
«E i periti sono un'eccellente copertura, frutto di nomine arbitrarie. Ognuno può recuperare il perito che più gli aggrada. A Tokyo o negli Usa i problemi di tipo professionale sono gestiti da professionisti secondo criteri professionali. In questo modo si evitano invasioni di campo da parte di chi per il solo fatto di indossare una toga pretende uno strapotere incontrollato».


Esiste un Paese assolutamente immune da disastri sismici?
«In Giappone, a differenza che a L'Aquila, si applicano criteri e metodi ingegneristici volti alla riduzione del danno. Tuttavia la forza imprevedibile della natura può vincere sulla tecnica. Si ricorda il terremoto di Kobe di 17 anni fa? Morirono oltre seimila persone».

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