Ancora una volta, esattamente come due mesi fa, la distanza tra Berlusconi e il suo partito torna siderale. Da una parte, c'è un Cavaliere convinto che non sia possibile aprire trattative a meno di avere la garanzia che siano «complessive» (che riguardino cioè non solo le presidenze delle Camere, ma pure il futuro governo e il successore di Napolitano). E dall'altra una buona parte del gruppo dirigente del Pdl che lo invita invece a tentare la strada del dialogo nonostante Bersani abbia escluso qualsiasi ipotesi di collaborazione con il Pdl. E sono proprio le cosiddette «colombe» che giovedì pomeriggio, in una riunione fiume al San Raffaele, riescono in qualche modo a convincere l'ex premier a non strappare. Una tregua minima e che non regge alla giornata di passione che scorre via lenta a Roma, dove le votazioni per i presidenti di Camera e Senato finiscono con un nulla di fatto. Buchi nell'acqua che vanno di pari passo ai contatti delle ultime ore che vedono Napolitano in prima linea, al persistere del veto del segretario del Pd e ai rumors che danno il tribunale di Milano per nulla propenso a concedere il legittimo impedimento per l'udienza in programma questa mattina.
Una giornata di riflessione per Berlusconi. Sempre più convinto questo il ragionamento che affida ai pochi interlocutori che non sia possibile trattare il pacchetto nel suo complesso. E poco importa che ci sia chi ventila intese sul governo o magari preaccordi sul Quirinale in cambio di una convergenza sulla presidenza del Senato. Perché, è la riflessione del Cavaliere, la seconda e la terza carica dello Stato si decideranno oggi, mentre per il nuovo capo dello Stato si voterà a scrutinio segreto e fra un mese. In mezzo la formazione del nuovo governo e, mica un dettaglio, la sentenza di appello del processo diritti Mediaset al momento prevista per il 23 marzo. Insomma, troppe incognite per chiudere un accordo che fra un mese una delle parti potrebbe non essere in grado di rispettare. Con buona pace, chiosa un ex ministro che nelle ultime 48 ore ha sentito Berlusconi, di chi sperava di «spuntare qualche buona poltrona da un'eventuale trattativa». Troppe incertezze e pure il timore che una trattativa così a lungo termine abbia l'obiettivo di mettere la sordina al Cav proprio ora che si arriva alla stretta giudiziaria con le sentenze Ruby e diritti tv. «Se pensano che non torneremo in piazza fa sapere ai suoi l'ex premier s'illudono. Anzi, da dopo la manifestazione del 23 marzo la mobilitazione sarà permanente».
Così, ormai a tarda sera, Berlusconi affida la sua presa di distanza ad una nota. Il Pd, dice, ha dimostrato di avere un atteggiamento «irresponsabile» e per questo il Pdl si «chiama fuori» da «ogni trattativa di spartizione delle principali cariche istituzionali». Poi l'invito: la sinistra eviti di applicare anche al Colle lo «spirito di occupazione» già utilizzato nel 2006. Il riferimento è quasi certamente alla candidatura di Prodi, che l'ex premier proprio non gradisce e che fanno notare nel suo entourage certo non sarebbe una figura «unificante» o «rappresentativa di tutto il Paese» visto che il Professore per ben due volte si è presentato alle elezioni politiche contro Berlusconi. Il Cavaliere punta poi il dito contro «il balletto di dichiarazioni irreali, di mosse e contromosse opportunistiche, di tatticismi irresponsabili».
Tutto ciò - aggiunge - accade mentre «milioni di italiani soffrono sempre di più i morsi della crisi economica». Ecco perché, aggiunge, «un governo non solo si farà, ma si deve fare e chi si sottraesse a questa responsabilità non avrebbe nemmeno più il diritto di stare in politica».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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