Condannato a morte

Piange Napolitano, piange pure la Boccassi­ni. Entrambi puntano il dito contro il linciag­gio cui D’Ambrosio è stato sottoposto dai pm palermitani. Manca il nome, ma il riferimento a Ingroia è palese

Condannato a morte

Loris D’Ambrosio era un distinto si­gnore di 65 anni, spesi quasi tutti a studiare codici e leggi. Tanto da di­ventare alla fine il consigliere giuri­dico del presidente della Repubblica Napolita­no. E in questa veste si è battuto con dotta pi­gnoleria a impedire che il premier Berlusconi (e non soltanto lui) fosse messo al riparo, attra­verso scudi o lodi, dalle scorribande dei pm in campo politico. Poi, è storia recente, è toccato a lui e al suo capo Napolitano finire nel tritacar­ne giudiziario e mediatico sul caso della pre­sunta trattativa Stato-mafia. Intercettazioni telefoniche sul filo della legalità, il pm Ingroia che si avventura su piste complottiste, i giorna­li che ci sguazzano sputtanandolo. Morale: il suo cuore non ha retto. Ieri è deceduto per un infarto,condannato a morte dall’ennesima in­chiesta bufala spacciata per scoop.
Piange Napolitano, piange pure la Boccassi­ni. Entrambi puntano il dito contro il linciag­gio cui D’Ambrosio è stato sottoposto dai pm palermitani. Manca il nome, ma il riferimento a Ingroia è palese. Piangiamo anche noi, ma le nostre non sono lacrime di coccodrillo come quelle della rossa magistrata milanese e dei suoi colleghi, che quando si è trattato di sputta­nare e infangare Berlusconi ieri (e Formigoni oggi) non si sono posti il problema della tenu­ta cardiaca dei malcapitati. Sono entrati con violenza, hanno commesso abusi, spiato, per­quisito, goduto dei titoloni sui giornali. Noi da sempre pensiamo quello che oggi la Boccassi­ni pensa di Ingroia solo perché ha toccato un suo amico. E cioè che i magistrati a volte si com­portano peggio dei criminali per scopi perso­nali e politici. Seminano disastri e lutti a volte più di quanto facciano organizzazioni crimi­nali e mafie varie. Alcuni andrebbero arrestati per abuso di potere, negligenza o incapacità, come succede ai primari che iniettano la medi­cina sbagliata ai bimbi che hanno in cura.
D’Ambrosio è rimasto vittima, e non è la pri­ma, di un terrorismo subdolo e credo che se po­tesse tornare indietro darebbe consigli diversi a Napolitano.

Dall’uso delle intercettazionial­la separazione delle carriere, dalla responsabi­lità personale dei pm alle garanzie per le alte cariche dello Stato, è innegabile che il Quirina­le sia stato un freno a rimettere la magistratura nell’alveo tracciato nella Costituzione, dal quale è impunemente esondata. Speriamo, co­me si dice in queste occasioni, che il suo sacrifi­cio non sia vano.

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