Roma - La data è il 26 ottobre. Solo se la nuova legge sulla diffamazione entrerà in vigore prima di quel giorno eviterà il carcere ad Alessandro Sallusti. Fino ad allora, infatti, è sospesa la pena di 14 mesi di reclusione per il direttore de il Giornale, che non vuol chiedere l'affidamento ai servizi sociali. Significa che i due rami del Parlamento avrebbero al massimo 18 giorni utili per dare il loro sì e la corsa contro il tempo parte oggi alle 14,30, in commissione Giustizia del Senato, dov'è stato assegnato in sede deliberante (senza passaggio in aula) il ddl bipartisan con Maurizio Gasparri(Pdl) e Vannino Chiti (Pd) primi firmatari. La volontà politica, almeno dichiarata, c'è. Anche il governo vuole le modifiche alla legge, perché l'Italia sia in linea con la giurisprudenza della Corte di Strasburgo e con la maggior parte delle legislazioni europee in materia.
In questi giorni l'ha ripetuto spesso il ministro della Giustizia, Paola Severino, che oggi parteciperà all'incontro organizzato sul tema da Fnsi e Ordine dei giornalisti, con Libera informazione ed Articolo 21. Ci saranno politici come Gaetano Pecorella (Pdl), Andrea Orlando (Pd), Roberto Rao (Udc) e Antonio Di Pietro (Idv), avvocati come Caterina Malavenda, Domenico D'Amati, Bruno Del Vecchio e i vertici sia del sindacato dei giornalisti, Franco Siddi e Roberto Natale, sia dell'Ordine, Enzo Iacopino e Giancarlo Ghirra.
Nella stessa giornata, a Palazzo Madama, partirà un calendario a tappe forzate. «Ci siamo già impegnati ad abbreviare al massimo i tempi della discussione - dice il presidente della Commissione Giustizia, Filippo Berselli (Pdl) - in modo da girare entro 8-9 giorni alla Camera un testo che possa approvare in due settimane. Tutto, compatibilmente con il ddl anticorruzione». Berselli, con la capogruppo Pd Silvia Della Monica, farà oggi la relazione sul ddl che accorpa anche quello firmato dall'Idv. Anche grazie al lavoro diplomatico del presidente del Senato Renato Schifani, dunque, il ddl dovrebbe essere licenziato da Palazzo Madama all'inizio della prossima settimana.
Si tratta di 2-3 articoli che modificano la legge del 1948 e il codice penale in materia di diffamazione laddove prevedono ancora la pena detentiva, retaggio del Codice Rocco. Il carcere viene cancellato, rimangono le multe di almeno 5mila euro, il risarcimento del danno e, in aggiunta, la «riparazione pecuniaria» di almeno 30mila euro (ora non è previsto nessun minimo).
Ma Chiti e Gasparri vogliono aggiungere un elemento di bilanciamento a favore del diffamato e rendere più stringente l'obbligo di rettifica della notizia offensiva. «Deve apparire sull'organo di informazione entro 8 giorni al massimo - dice Chiti - con lo stesso spazio e lo stesso rilievo». E Gasparri: «Sappiamo che l'obbligo è già previsto dalla legge sulla stampa, ma troppo spesso non viene rispettato e vogliamo renderlo più cogente».
Come potrà influire la nuova legge su una condanna passata in giudicato, come quella di Sallusti? Vale il principio, spiegheranno oggi in Senato i relatori, dell'articolo 2 del Codice penale. Cioè: nessuno può essere punito per un fatto che, per una legge posteriore, non costituisce reato. Se c'è stata condanna, ne cessano esecuzione ed effetti penali e, in caso di pena detentiva, se la legge successiva prevede solo quella pecuniaria, c'è la conversione della prima nella multa corrispondente.
Oggi Berselli chiederà ai colleghi di limitare gli interventi, per chiudere domani la discussione generale e fissare il termine per gli emendamenti a giovedì. Se tutto andasse liscio si potrebbe arrivare al voto martedì o mercoledì. Poi la palla passerebbe alla Camera, che dovrebbe approvare senza modifiche. E qui qualche segnale di fibrillazione già c'è. Perché a Montecitorio sempre oggi si discute in commissione Giustizia il più ampio e precedente ddl sulle norme sulla stampa, firmato Pecorella-Costa(Pdl).
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