Così De Benedetti fa pagare Sorgenia alle banche

Il valore dell'azienda verso l'azzeramento: 5 anni fa era di 3,9 miliardi. A coprire il buco ci pensano le banche

Così De Benedetti fa pagare Sorgenia alle banche

È il sogno di ogni imprenditore: mettere in piedi con 100 euro una piccola società. Farla crescere e tessere buone relazioni con le banche e con i media. Così da invitare a partecipare anche un altro socio al quale vendere una quota della società. La quale, nel frattempo, non vale più 100, ma molto di più: lo dicono le banche; lo dice la stampa. Così il nuovo socio entra, ma il suo 49% di minoranza non lo paga 50 euro, bensì 13 volte di più: 650. Mentre le banche arrivano a prestare alla società altri euro, fino a 2mila. Ma il sogno non finisce qui.

Continua, perché nella vita può capitare di sbagliare. C'è anche il caso che la società, gestita dallo stesso imprenditore, finisca sull'orlo del fallimento. Eppure anche in questo caso all'imprenditore non succede granché: dopo essersi ripreso una buona parte dei suoi 100 euro attraverso i dividendi, con i primi utili della società, ora non tira fuori più nemmeno un ghello e lascia che siano le banche a prendersi la sua creatura, che ormai vale zero. E queste, pur di non farla fallire e perdere una fortuna, garantiscono al nostro sia la manleva da eventuali pendenze giudiziarie legate alla malagestione, sia la possibilità di avere indietro un po' di soldi qualora in futuro la società dovesse essere risanata e rivenduta con profitto.

Se sostituite «euro» con «milioni di euro» e vi guardate la storia di Sorgenia, la società elettrica controllata al 53% dal gruppo Cir, scoprirete che a grandi linee il sogno proibito di ogni imprenditore si sta avverando fino in fondo per la famiglia De Benedetti. Domani, all'approvazione del bilancio 2013 di Cir, il valore di Sorgenia dovrebbe essere azzerato quando appena 5 anni fa era stimato di 3,9 miliardi. Ma il conto non lo pagheranno i De Benedetti.

È una storia pazzesca questa di Sorgenia. E lo è anche il suo imminente epilogo. Ma guai a pensare che finisca così, con l'accordo delle banche. Questo di Sorgenia appare più come uno spartiacque tra il passato e il futuro della famiglia di Carlo De Benedetti, formalmente fuori da Cir dopo aver donato le sue quote ai figli. Non è possibile che non restino strascichi. Si pensi che nelle riunioni per Sorgenia, con Rodolfo De Benedetti presidente Cir, da 8 mesi si scomodano con regolarità i top banker del Paese: Fabrizio Viola, Federico Ghizzoni, Gaetano Micciché, Pierfrancesco Saviotti, Victor Massiah. Non le seconde linee, gli operativi del caso, come avviene di solito. Ma gli amministratori delegati in prima persona. «Era dal crac Ferruzzi - dice uno di loro - che non accadeva qualcosa di simile». E pur di fronte a tale drammatica evidenza di crisi ed urgenza, De Benedetti jr non è mai stato distensivo. La linea della casa è stata chiara fin da subito: Cir non mette altri soldi. Nemmeno quei 150 milioni che i top banker del Paese in persona avevano chiesto più come prova di ragionevolezza che per apporto di finanza straordinaria.

Per questo c'è da vedere come si metteranno le cose in futuro tra il gruppo Cir, l'establishment bancario nazionale e la politica, che con quest'ultimo sta, proprio in questa fase storica, prendendo nuove misure.

I De Benedetti hanno dalla loro l'arma mediatica del gruppo Espresso-La Repubblica. Che però da un lato è indebolita dai guai Sorgenia del suo editore; e dall'altro sarà più fragile nella misura in cui l'editoria, nei prossimi anni, dovesse avere bisogno proprio di quell'establishment.

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