Più che un parere, un diktat. Giorgio Napolitano, per mettere argine a «polemiche e strumentalizzazioni», rende noto il testo della lettera con cui il 13 giugno scorso è entrato a piedi uniti nello scontro in corso all'interno della Procura della Repubblica di Milano. E si scopre che le vulgate, le tradizioni orali circolate nei giorni della lettera erano in realtà ancora più caute del contenuto reale della missiva. Con un gesto senza precedenti, Napolitano ha di fatto ordinato al Consiglio superiore della magistratura di chiudere la faccenda con un nulla di fatto, senza scavare su come e perché i fascicoli di inchiesta più delicati di questi anni siano stati assegnati dal procuratore Edmondo Bruti Liberati solo e soltanto ai pm di sua fiducia. Il Csm, come è noto, ha battuto i tacchi e si è adeguato agli ordini del Colle.
Di Bruti - con cui è da tempo in piena sintonia, e di cui sponsorizzò apertamente la nomina a procuratore capo - il presidente della Repubblica ovviamente non fa il nome. Non cita le indagini, da Ruby all'Expo alla Sea, che il procuratore aggiunto Alfredo Robledo ha accusato Bruti di avergli sottratto in violazione delle regole interne della stessa procura milanese, affidandole a Ilda Boccassini e agli altri pm a lui vicini. Ma è chiaro che è di questo che Napolitano parla quando scrive che «i criteri organizzativi di ogni singolo ufficio requirente non possono essere intesi come rigide regole immodificabili, in quanto deve sempre consentirsi una equilibrata elasticità nella loro applicazione, volta sempre al miglior esercizio dell'azione penale da parte dell'Ufficio nel suo complesso». In realtà nessuno, neanche Robledo, ha sostenuto che le regole siano «immodificabili». Il problema è che Bruti non le ha modificate ma semplicemente ignorate, senza mai motivare i suoi provvedimenti. Ma questo, per Napolitano, fa parte evidentemente della «equilibrata elasticità».
Al vicepresidente del Csm Michele Vietti - che dopo averlo incontrato si era esibito in una irrituale intervista in difesa di Bruti - Napolitano nella lettera del 13 giugno detta insomma la linea: giù le mani da Bruti, per «evitare di indebolire la credibilità ed efficacia dell'azione giudiziaria». Il Capo dello Stato richiama la legge che ha allargato i poteri gerarchici dei procuratori, «sia sul versante organizzativo sia su quello della gestione dei procedimenti» e ha previsto «la corrispondente parziale compressione dell'autonomia dei singoli magistrati dell'ufficio». Fin dove si possa spingere la «parziale compressione» dell'autonomia dei singoli pm, e se in questo concetto rientrino anche gli ordini impartiti da Bruti a Robledo nelle inchieste su Formigoni o su Expo, il capo dello Stato non lo dice. D'altronde il passaggio chiave è un altro, quello in cui il presidente della Repubblica scrive nero su bianco che in fondo la libertà dei pm non è così importante: «le garanzie di indipendenza interna del pubblico ministero riguardano l'ufficio nel suo complesso e non il singolo magistrato».
Per questo, con tono quasi ultimativo, Napolitano ammonisce Vietti: «È pertanto opportuno che il Consiglio eviti di assumere in tale materia ruoli impropri». L'unico ruolo del Csm, secondo il Colle, non è controllare sul rispetto delle regole da parte dei procuratori, ma unicamente «assicurare l'indispensabile flessibilità nell'applicazione dei progetti organizzativi, i quali devono, innanzitutto, rispondere alle esigenze di funzionalità ed efficacia dell'azione giudiziaria». D'altronde «il rischio maggiore nell'attività degli uffici di procura può derivare da una sua atomizzazione e non già dall'ordinato ed efficiente svolgersi dell'azione impersonale dell'intero Ufficio requirente, purché si assicuri l'obbligatorietà e l'imparzialità dell'azione penale».
In realtà, è proprio sulla «imparzialità» del ruolo svolto da Bruti e dalla sua Procura che - a torto o a ragione - si incentrava l'esposto di Alfredo Robledo. Ma di questo il Csm dopo la lettera ha deciso di non occuparsi, rifiutando di trasmettere le carte alla commissione che dovrà vagliare se mantenere Bruti al suo posto di procuratore.
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