di Ida Magli
Il simbolo della nostra ricchezza: 50 euro
Come mai tutti abbiamo sobbalzato di fronte alla notizia che il commerciante è obbligato ad accettare il pagamento con bancomat quando supera 50 euro? Come mai l'abbiamo percepita subito come un altro passo del governo dei banchieri per stringerci definitivamente il cappio al collo? Non credo che ci possano essere dubbi: sappiamo ormai, anche senza riuscire a capire del tutto da dove ci venga questa sicurezza, che il denaro è la loro forma mentis, l'aria che respirano, l'arma che adoperano. Il denaro in tutte le forme, sotto tutte le maschere. Denaro è lo Stato, denaro è la differenza fra gli Stati, denaro è l'Europa, denaro è lo zucchero che fa male alla salute... É come se ormai questa mentalità facesse parte dell'aria che respiriamo al punto che, come dicevo, abbiamo intuito subito che il pagamento col bancomat era un segnale di qualcos'altro: la nostra prigionia entro 50 euro.
Intanto, se approfondiamo qualche particolare di questa situazione, ci accorgiamo che il primo prigioniero è il commerciante. Questi infatti è costretto con questo sistema a far passare attraverso il conto corrente, ossia attraverso la banca, tutti i suoi introiti quotidiani e non potrà perciò accantonare e adoperare a suo piacimento il denaro per qualsiasi altra operazione che non sia prima di tutto il rimborso dell'eventuale credito della banca. Le banche sono, notoriamente, il corpo di polizia personale del Governo e ampiamente ricompensate del loro fedele servizio con un guadagno sicuro ad ogni operazione. Ma ciò che più conta è che sicuramente questo provvedimento costituisce l'anticipo di quello che verrà e di cui, del resto, si sente parlare da molto tempo: togliere il denaro contante dalla circolazione costringendo tutti all'uso della carta elettronica, spiando così ogni gesto, ogni preferenza, ogni movimento del cittadino.
C'è chi, incapace di capire il valore della libertà, ritiene giusta ogni coercizione da parte dei governanti, con la giustificazione che si tratta di scovare gli evasori. Sarebbe probabilmente inutile ricordare a chi si rifugia dietro questo nobile movente che è stata la civiltà italiana, prima di qualsiasi altra in Europa, ad affermare, da Machiavelli in poi, che il fine non giustifica i mezzi. Del resto non è mai esistito nessun governo totalitario che non abbia esibito abbondanti giustificazioni per il proprio comportamento di oppressione nei confronti dei sudditi. La sicurezza dello Stato, il pericolo controrivoluzionario, l'esistenza della mafia, la sfida del terrorismo: anche il più feroce fra i governi totalitari della nostra epoca, quello bolscevico, ha per molti anni trovato in simili argomenti il modo per esaltare la meravigliosa giustizia della dittatura staliniana.
Eppure fa più paura, oggi, a chi sente che c'è nell'aria la fine della democrazia, il governo dei banchieri piuttosto che un governo dichiaratamente totalitario. Fa più paura perché il governo dei banchieri non ha avuto bisogno di usare il fucile per ridurre tutti all'ossequio del denaro; fa più paura perché gli è bastato instaurare il sistema di controllo delle banche alla luce del sole per ottenere obbedienza, piuttosto che una feroce polizia segreta. In realtà tutto questo è stato possibile perché si tratta di un governo appoggiato ad un parlamento che finge di rappresentare ancora i cittadini. Ma nelle democrazie le finzioni non reggono.
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