D'Alema scarica Bersani: è matto, ci porta alla rovina

La battaglia del Quirinale apre un nuovo fronte nel Pd. L'ex premier non gradisce l'endorsement del segretario per Prodi ed è pronto a consegnare il partito a Renzi

D'Alema scarica Bersani: è matto, ci porta alla rovina

I riflettori sono tutti puntati sulla battaglia in campo aperto, quella tra Renzi e Bersani. Ma dietro le quinte della grande partita del Quirinale c'è uno scontro più oscuro, forse anche più sanguinoso perché interno alla vera «ditta». «Non vi fate ingannare - spiega un ben informato dirigente del Pd, non ex Ds - sta per cominciare un'altra guerra, e si combatte tutta dentro l'ex Pci. Tra la scuola emiliana e il vecchio centro romano, tra i bersaniani (con Prodi) e Massimo D'Alema».
Una guerra che passa per il Colle, per il quale D'Alema (che, come Berlusconi, non vuole Prodi, perché il Professore, come il Conte di Montecristo, ha una lunga lista di nemici da eliminare, e lui è in testa) punta a sparigliare. Trattando lui con il Cavaliere. Il suo schema ideale, si spiega, sarebbe convincere Napolitano ad accettare un bis (il Pd non potrebbe dire di no, e il Pdl lo voterebbe volentieri), e poi dar vita ad una legislatura «costituente» con un governo del presidente sostenuto da Pd e Pdl. Con Pietro Grasso nella casella chiave della Giustizia (e la presidenza del Senato liberata per il Pdl) e la neo-Bicamerale per le riforme chiamata a ritoccare legge elettorale e Costituzione. Compiuto in un paio d'anni questo percorso, Napolitano (in ossequio alla nuova Costituzione) si dimetterebbe, e la candidatura di D'Alema al Colle potrebbe prendere il volo. E il Pd? Verrebbe dato a Renzi, che alle prossime elezioni sarebbe il candidato premier.
Che D'Alema abbia perso la pazienza con il segretario del suo partito, da lui fortemente sponsorizzato, si era intuito. «Quello è matto, ci sta portando alla rovina. Ci ha infilato in un disastro perfetto», lo hanno sentito sfogarsi al telefono qualche giorno fa, al termine delle consultazioni senza sbocco portate avanti da Bersani. E d'altronde già prima del voto D'Alema aveva manifestato allarme: «Va a finire male: si è sbagliata la campagna elettorale, temo».
Ma quel che più ha stupito gli interlocutori dell'ex premier coi baffi sono stati gli inediti giudizi da lui espressi, nelle ultime settimane, sull'ex arcinemico Renzi: «Si sta muovendo bene, è molto cresciuto. Sta dimostrando di avere la stoffa del leader». Apprezzamenti che hanno lasciato di stucco chi li ascoltava. «La cosa di cui si è convinto D'Alema - spiega chi lo conosce bene - è che Matteo prende i voti, sfonda in elettorati mai raggiunti dal Pd: Renzi fa vincere il partito, e quindi può salvare la ditta». Una ditta che, nelle mani del «clan degli emiliani», rischia invece, secondo l'inner circle dalemiano, di andare a picco. Un giudizio che ricorre anche sulle bocche dei “giovani turchi”, tutti o quasi di estrazione dalemiana: «Tornare al voto con Bersani candidato, come pensano i bersaniani se non riesce a fare il governo coi grillini, sarebbe un suicidio: per vincere ci vuole Matteo», si è sentito spiegare da loro un renziano.

Certo, nella futura partita interna al Pd, i “turchi” vogliono avere un ruolo, e per questo guardano a Fabrizio Barca e ad una sua possibile candidatura al futuro congresso: se anche perdesse contro Renzi, diventerebbe il capo della minoranza di sinistra, per giocarsela la prossima volta. Resta da capire se Renzi abbia voglia di farsi incoronare da D'Alema, e di fare il premier con lui al Quirinale. I suoi ne dubitano assai.

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