La ricerca ha un annetto sulle spalle, ma questo paradossalmente rafforza il suo valore. Tanto più che è stata condotta da un ente di studi tedesco, la Stiftung Marktwirtschaft (Fondazione per l'economia di mercato) di Berlino diretta dagli economisti Michael Eilfort e Bernd Raffelhüschen. Lo studio, rilanciato dalla Free Foundation di Renato Brunetta (nel tondo), sancisce che il Paese europeo più virtuoso sul fronte del debito pubblico è proprio la povera Italia, molto migliore della Germania. E questo valeva secondo i dati del 2010, quando al governo c'era ancora il centrodestra, non l'esecutivo tecnico di Napolitano e Monti.
La fondazione ha stilato una classifica della sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche dei 12 stati fondatori dell'euro. Essa considera il debito pubblico comunemente inteso, che i ricercatori tedeschi definiscono «esplicito» (che da noi rappresenta circa il 120 per cento del prodotto interno lordo), assieme a quello «implicito» legato all'invecchiamento della popolazione: in buona sostanza, significa la spesa per pensioni, sanità e assistenza che si prevede di dover pagare in futuro.
E qui viene il bello. Perché l'Italia, anche senza la riforma pensionistica del ministro Fornero e tantomeno le ripetute stangate fiscali degli ultimi 12 mesi, presentava il migliore indice di sostenibilità rispetto al Pil (146%) seguita dalla Germania (192,6). La Francia è a quota 337,5, la Spagna a 548,5, chiude l'Irlanda a 1497,2. I dati tedeschi si spiegano con una previsione di aumento del debito futuro provocato da riforma fiscale, riforma pensionistica espansiva (integrazione degli assegni minimi) e incremento delle prestazioni sanitarie per la terza età. Secondo la fondazione berlinese, nel 2050 Stato e Länder tedeschi spenderanno 1.360 miliardi di euro per pensioni e stipendi dei dipendenti pubblici che va a sommarsi a un debito «esplicito» attuale di circa 1.900 miliardi.
La situazione è molto diversa in Italia. Pur appesantiti dal secondo debito pubblico «esplicito» dopo quello greco, da noi si prevede un aumento molto contenuto della spesa pubblica (pensioni, sanità, assistenza) per gli anziani. «L'Italia - si legge nello studio - non solo precede chiaramente la locomotiva Germania ma anche tutti gli altri stati dell'eurozona» perché «può contare, a lungo termine, su uno sviluppo positivo delle finanze pubbliche».
La ricerca della Stiftung Marktwirtschaft fissa nel 146 per cento del Pil (118,4 «esplicito» più 27,6 «implicito») il «vero» debito italiano: il migliore d'Europa. La Germania unisce un 83,2 «esplicito» al 109,4 per cento «implicito». Totale: 192,6 per cento, peggiore del 30 per cento rispetto all'Italia. Al penultimo posto, addirittura peggiore della Grecia, si piazza il virtuosissimo Lussemburgo, Paese modello, che presenta un debito pubblico «esplicito» pari ad appena il 19,1 per cento del Pil: un'inezia. Ma sotto il Granducato sta per esplodere una bomba demografico-previdenziale che fa schizzare il rapporto di sostenibilità a quota 1.115,6.
Se le cose andranno sempre meglio con il passare del tempo, il rovescio della medaglia italiana riguarda il presente. «Vista la bassa crescita, gli avanzi primari basteranno al massimo a stabilizzare il debito pubblico nei prossimi anni, ma resteranno ben lungi dal ridurlo in modo significativo», si legge nel report della fondazione tedesca.
I problemi sono due: l'ammontare del debito «esplicito» e le prospettive della finanza pubblica a breve termine. Che poi sono gli elementi «cui purtroppo guardano i mercati, i quali ragionano in orizzonti molto più brevi, non hanno la pazienza di guardare alle prospettive nell'arco di decenni».
Questa osservazione, fatta - lo ricordiamo - alla fine del 2011 su dati 2010, conferma che i sacrifici imposti dal governo Monti per correggere il cattivo andamento dei conti pubblici sono appunto serviti per tranquillizzare i mercati, non per garantire un futuro migliore all'Italia, lungo il quale il Paese era già incamminato.
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