C'è una folta schiera di politici e giuristi che si oppone al fronte giustizialista che non ammette tentennamenti e riflessioni sulla decadenza di Silvio Berlusconi da senatore. Sono gli anti-giacobini, parafrasando Luciano Violante, cioè quelli del Pd che, come lui, hanno invitato a garantire al Cavaliere il diritto alla difesa. Ma sono anche "persone di grande competenza e non sospette di partigianeria", per citare le parole del ministro della Giustizia, Anna Maria Cancellieri. Un coro unanime che negli ultimi giorni ha mosso critiche alla legge Severino, sollevato dubbi sulla sua costituzionalità e proposto alternative. Un nugolo di personaggi tacciati di berlusconismo latente solo perché hanno insinuato scetticismo ed espresso la loro opinione. Un'opinione diversa e non in linea con quella che vuol cavalcare l'onda dell'annientamento giudiziario di un avversario politico.
C'è il membro del Csm, Nicolò Zanon, che ha invitato la Giunta a sollevare il problema, perché "la questione non è Berlusconi, ma i rapporti tra poteri in uno Stato di diritto"; c'è Giovanni Guzzetta, secondo cui la legge Severino rispetto al caso Berlusconi avrebbe una applicazione retroattiva e ciò "suscita notevoli dubbi sul piano della costituzionalità e di una possibile violazione della Convenzione europea dei diritti dell'uomo". Dello stesso parere il professor Paolo Armaroli, che insegna Diritto pubblico e Genova: "È possibile applicare una regola per un supposto reato commesso prima dell' entrata in vigore della legge Severino? Io non sono un penalista, ma a me pare che debba valere la regola per cui non si applica sicuramente la norma meno favorevole al condannato". E ancora: il professor Antonio Leo Tarasco, che insegna diritto alla Pontificia università gregoriana di Roma, ha spiegato che "la magistratura non può annullare il voto popolare, essendo una decisione del genere sempre rimessa a ciascuna Camera di appartenenza, come recita l'articolo 66. Il giudizio parlamentare non può assumere carattere vincolato ma sempre libero e incondizionabile; diversamente, si giungerebbe per legge a legittimare un golpe per mano giudiziaria senza che il Parlamento possa difendersi".
Gli ha fatto eco il professor Alessandro Mangia, docente di Diritto costituzionale all'Università Cattolica: "Finché c'è l'articolo 66 della Costituzione, la legge non può stabilire l'interruzione del mandato parlamentare senza un voto delle Camere senza violare la Carta. E, piaccia o non piaccia, non lo può fare neanche la magistratura". Per la professoressa Antonella Marandola, straordinario di Procedura penale nella Facoltà di Giurisprudenza dell'Università Lum Jean Monnet di Bari, è impossible applicare la decadenza a Berlusconi. Anche il giurista del Colle, Valerio Onida, ha aperto uno spiraglio, affermando che "la legge Severino va chiarita, il Senato può e deve ricorrere alla Consulta". Ci sono poi i giuristi che hanno firmato i pareri a difesa di Berlusconi, come Giorgio Spangher, Roberto Nania, Gustavo Pansini, Beniamino Caravita e Giuseppe De Vergottini (insieme con Zanon e Guzzetta).
Per il presidente emerito della Corte Costituzionale, Alberto Capotosti, che "la cosiddetta legge Severino non possa essere retroattiva o debba scattare l’indulto, come l’onorevole Sisto ha sostenuto sul Corriere, non è un’eresia. Io non la condivido. Ma la norma è nuova, priva di giurisprudenza consolidata, vale la pena ragionarci. Fermo restando poi che su questo tema il Parlamento è sovrano". Nel coro degli aperturisti c'è anche il consigliere di Cassazione Enzo Jannelli e Michele Ainis, che ha posto invece l'accento sul fatto che la politica ha fatto un passo indietro rinunciando all'immunità parlamentare nel 1993 e ha evidenziato come, con le vecchie regole, sul caso Berlusconi avrebbe deciso il Parlamento.
Dal lato politico c'è poi Umberto Ranieri, ex pd, secondo cui "la Giunta potrebbe sollevare questione di costituzionalità sulla legge Severino sospendendo nel frattempo il giudizio”; c'è il politologo e deputato democratico Carlo Galli, che ha affermato che "una evoluzione possibile è che la Giunta non tanto si rivolga alla Consulta, ma che valuti con ponderatezza la questione”. E poi ci sono altri dieci esponenti democratici, capitanati da Stefano Esposito e da Vannino Chiti che hanno scritto una lettera in cui invitavano a discutere del lodo Violante. Giorgio Tonini (Pd) ha chiesto al suo partito di approfondire meglio la questione, e anche Beppe Fioroni ha invitato a chiarire affinché la decadenza non diventi persecuzione.
Infine, tra i centristi si sono segnalati i pareri di Mario Monti e di Pier Ferdinando Casini. L'ex premier ha detto che non troverebbe scandalosa l'ipotesi della grazia, l'ex leader dell'Udc ha invece affermato che "ci vuole equilibrio.
I professori Onida, Capotosti, D'Onofrio riflettono sulla possibilità che il Senato chieda un approfondimento alla Corte Costituzionale, non scartiamola a priori, uno Stato di diritto non prevede i saldi di fine stagione, ma dobbiamo essere consapevoli che questa non è una vicenda come le altre. Berlusconi non è un condannato qualsiasi, è un signore che nonostante le condanne giudiziarie continua a essere il leader di quasi metà del Paese".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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