Il testo definitivo, a dieci giorni dal via libera del Consiglio dei ministri, ancora non c’è. Ma, a sentire i rumor di Palazzo Chigi, il decretone che riforma la pubblica amministrazione sembrerebbe in dirittura di arrivo. Gli occhi sono puntati sul Quirinale in attesa che Giorgio Napolitano, una volta ricevuto il pacchetto "rinnovato", firmi i nuovi decreti. Quello per la competitività delle imprese già sarebbe arrivato alla sua attenzione, mentre quello sulla pubblica amministrazione rivisto e corretto (e bollinato dalla Ragioneria dello Stato) ancora non è stato trasmesso al Colle. A far stoppare il decreto di "misure urgenti per la semplificazione e la crescita del Paese" sarebbero stati proprio gli uffici giuridici del Colle che ha rispetito al mittente un provvedimento disomogeneo per meterie e oggetto.
Il lavoro di limatura sta proseguendo intensamente. L'obiettivo è limare gli 82 articoli di un decreto pachidermico che nelle sue 71 pagine non aveva nemmeno né un indice né le relazioni tecniche e illustrative. Un vero e proprio pasticcio, insomma. Tanto che, svela il Corriere della Sera, il 13 giugno Napolitano avrebbe rispedito il decreto omnibus al mittente invitando il premier Matteo Renzi a "spacchettarlo" in almeno due provvedimenti ben distinti che non mischiassero più nodi tanto delicati, come i poteri a Raffaele Cantone o i tagli ai magistrati, con la riorganizzazione della macchina della pubblica amministrazione. Secondo fonti governative, alcuni nodi sarebbero già in via di soluzione. Come quello dello stop al trattenimento in servizio per i magistrati oltre i 70 anni. In una delle ultime bozze la misura sarebbe stata ammorbidita applicando il periodo di transizione a tutte le toghe, non solo a quelle nelle posizioni apicali, e comprendendo anche militari e avvocati dello Stato. Eppure la nuova versione del decreto ancora non è arrivata sul tavolo del Quirinale (se non qualche estratto disordinato via mail). Più passano le ore, più Napolitano si innervosisce.
Nonostante le rassicurazioni di Delrio e il mea culpa di Renzi, i problemi restano. E aleggiano su un decreto fantasma che, come fa notare Repubblica, ancora non porta il "bollino verde" del Tesoro sulle coperture economiche. In cima alle criticità c'è sicuramente il capitolo sull'anticorruzione. L'attribuzione dei nuovi poteri a Cantone dopo lo scandalo dell’Expo è stata chiesta a gran voce dal governatore della Lombardia, Roberto Maroni: "È incomprensibile che un decreto così urgente sia ancora un fantasma". Polemica subito frenata dal ministro alle Infrastrutture Maurizio Lupi: "Le cose le stiamo facendo e i lavori vanno avanti". In una delle ultime riscritture del testo restano fermi i poteri di intervento già annunciati che saranno gestiti insieme al prefetto. In sostanza Cantone propone, il prefetto commissaria singoli appalti. Le aziende nel mirino avranno, tuttavia, un minimo di tempo (30 giorni che si riducono a 10 nei casi più gravi) per adeguarsi e sostituire gli organi sociali. Tra le modifiche dell’ultima ora sarebbe saltata, invece, la norma che introduceva il documento unico di circolazione dei veicoli che dava, per il solo 2015, la possibilità di aumentare il bollo auto fino al 12%.
Problematici anche il capitolo sui distacchi e permessi sindacali, che partirebbero non più dal primo agosto ma dal primo settembre, e sull'abolizione dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici. E giù a limare, corregge, sistemare. Alla base l'errore (grossolano) di aver messo insieme temi e materie differenti che non avevano la stessa necessità e urgenza.
Per esemprio, il taglio del 90% delle "propine" che spettano agli avvocati dello Stato e la soppressione di sezioni staccate dei Tar sono "norme odinamentali" che andrebbero tradotte in disegno di legge. Insomma, se Renzi non metterà una pezza sulla riforma della pubblica amministrazione Napolitano, la firma, non ce la metterà.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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