«È certo che la destra italiana è una cosa che non appartiene agli esseri umani». Parola di Franco Battiato. Parole scandite a Parigi prima di un concerto all’Opéra. È un messaggio freddo e lucido di uno che per mestiere scrive e canta canzoni e per diletto fa l’assessore al Turismo in Sicilia. E pazienza se quelle parole ricordano Goebbels, quando sosteneva: «Gli ebrei non appartengono al genere umano». Ma qui il problema non è Battiato. Nessuna richiesta di dimissioni, non sapresti che fartene.
Tutt’al più potresti cercare di capire come a un signore di una certa età e un passaporto di saggezza orientale venga in mente un’idea del genere, ma in fondo chi se ne frega o forse semplicemente è il difetto di fabbrica del «modello guru». Il problema è il dopo. È che molti la pensano esattamente come Battiato. È che quella frase non ha fatto nessun rumore. Sta lì, domenica sera, sommersa dai titoli su Grillo, sotto coperta nei siti on linedei grandi quotidiani. È normale. Cosa c’è di male nel dire che dieci milioni di italiani non sono umani? A quanto pare nulla. Ne parli con amici, colleghi, conoscenti, di destra e di sinistra.
Più di qualcuno scoppia a ridere. E vabbè.
Uno suggerisce il parallelo con Goebbels, altri alzano le spalle e rispondono: «Cosa ti aspettavi. È come gli impresentabili della Annunziata». No, è molto peggio. Molti di quelli con cui hai parlato hanno la tua età.
Negli anni di piombo erano bambini.
Battiato no. I terroristi nelle loro memorie hanno raccontato come si ammazza un uomo. La versione è più o meno sempre la stessa. Tu non spari ad Alessandrini, Tobagi, Calabresi, Custra, Casalegno, Bachelet, Ruffilli e tutta la lunga striscia di sangue. Non uccidi Emilio, Walter, Luigi o Vittorio. Tu uccidi il giudice, il poliziotto, il giornalista, il manager, il politico. È più facile. È più facile sparare a una maschera, a una divisa, a un guscio vuoto. Uccidere il non umano non è peccato. Qualcuno, strappandoti un sorriso, ha detto: «Battiato sarà vegetariano, se non vegano. Non le ammazza mica le bestie». Magari lui no, ma in giro è pieno di carnivori. Il disumano è l’alibi di certi assassini. È la scusa, lo straccio morale, per sedare la coscienza di chi ammazza per ideologia, politica, per il potere, per fare la rivoluzione, in nome di Dio, della razza, del popolo, della classe o della nazione. È il primo passo che porta gli ebrei ad Auschwitz, dello stermino degli indiani nel lontano west, degli indios in Sudamerica, degli studenti argentini che scompaiono nel nulla, della notte siberiana e stalinista, del genocidio di massa cambogiano o nei campi cinesi, delle fosse comuni nella guerra civile jugoslava, delle catene ai neri. Tutte le volte che qualcuno ha ucciso un uomo considerandolo non umano. Questo è il clima che stiamo vivendo. E la colpa non è dei «vaffa» di Grillo. È più grave l’incoscienza di certi intellettuali che per superiorità etica disprezzano e tolgono dignità umana a chi non considerano della stessa razza. Solo che anche le bestie vendono cara la pelle. Il gioco del disumano è pericoloso. Si comincia con gli impresentabili.
Poi con i loro amici, con chi li ha votati, con il vicino di casa e così via. Il prossimo, poi, potresti essere tu.
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