D i solito non perdona. Quando ti arriva, quella busta intestata Equitalia, sono guai. O paghi o prima poi, si sa, inesorabile arriva il pignoramento o il fermo amministrativo della macchina, quando non un'ipoteca sulla casa. Quello che la gente non sa, però, è come si comporta la famigerata Equitalia quando è lei a trovarsi dall'altra parte, da quella dei debitori. In quel caso è davvero un'impresa scucire all'ente di riscossione anche poche centinaia di euro. A meno che non si decida di procedere esattamente come fa Equitalia quando siamo noi, i cittadini, a non voler o poter pagare: con le esecuzioni forzate, i pignoramenti appunto.
Gli uffici delle esecuzioni dei tribunali sono colmi di fascicoli in cui è Equitalia ad essere insolvente, a Roma soprattutto, ma anche a Napoli e in altre città. Parliamo di migliaia e migliaia di pignoramenti iscritti a ruolo da chi, dopo aver vinto la sua battaglia legale contro la società di riscossione, cosa che accade nell'80 per cento dei casi, non riesce a farsi liquidare il dovuto, né le spese legali né eventuali risarcimenti stabiliti dal giudice. Insomma, chi decide di accanirsi contro
Equitalia, e la maggior parte delle volte lo fa a ragion veduta, deve sapere che è una strada tutta in salita.
Quelli che scelgono lo «scontro» frontale, tra l'altro, secondo una recente statistica dell'ente, sono una minoranza rispetto a quelli che pagano, a quelli che preferiscono togliersi d'impaccio senza verificare se le pretese di Equitalia sono fondate. Perché capita spesso che non lo siano. Molti crediti messi in esecuzione, infatti, sono prescritti. E decifrare le cartelle esattoriali, che sono come delle matrioske, con verbali che rimandano ad altri verbali, non è facile per i non addetti ai lavori.
Così a volte i cittadini mettono mano al portafoglio anche se i verbali presupposti alle cartelle non sono mai stati notificati o sono stati notificati male, e quindi sono nulli, o magari erano stati già annullati dal giudice di pace e l'annullamento non era stato trasmesso ad Equitalia (in casi come questi ci sarebbero anche gli estremi per la lite temeraria, quando cioè chi persiste nel giudizio lo fa nella consapevolezza di avere torto). Chi decide di contestare le cartelle, così, in molti casi ha la meglio. Ma l'esito positivo dell'impugnazione è solo l'inizio, perché quando Equitalia perde la causa è difficile farsi liquidare il dovuto, risarcimenti e spese legali.
Quando l'avvocato notifica la sentenza all'ente di riscossione sa già che non accadrà nulla. A quel punto parte l'atto di precetto per arrivare, se dopo dieci giorni persiste l'inadempimento, all'esecuzione forzata. Una sorta di legge del contrappasso, insomma, con i cittadini che pignorano i soldi della società che di solito i pignoramenti li dispone, andandoli a prendere da chi gestisce il denaro di Equitalia, cioè il Monte dei Paschi di Siena e le Poste italiane. Se anche questi non pagano, da terzi pignorati diventano debitori e si deve ricominciare con l'esecuzione forzata. Un meccanismo che scatta anche per cifre ridicole.
Non mancano casi estremi, di funzionari della società di riscossione finiti sotto inchiesta per non aver fatto bene il loro lavoro dopo che una signora, costretta a vendere la casa all'improvviso per far fronte ad una grave malattia del figlio, aveva scoperto di avere un'ipoteca sull'immobile che non le era mai stata notificata e iscritta per tre cartelle che erano state annullate. «È vero - conferma l'avvocato Clemente Frascari Diotallevi - Equitalia spesso costringe noi legali a promuovere procedure esecutive per recuperare le spese liquidate dal giudice».
Una prassi che costringe i legali ad un lavoro extra. «Equitalia, che ci tartassa con continue richieste di soldi, poi ci obbliga a fare recupero crediti per pochi spiccioli di spese legali», osserva l'avvocato Benedetta Cirrincione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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