Roma - «Bersani attacca per l'incontro con Serra? Peccato che sia l'ultimo a poter parlare di queste cose: farebbe meglio a pensare ai rapporti suoi e di D'Alema con capitani coraggiosi e compagnia cantante... Domani, da Torino, comincio a spiegarglielo, e vediamo se vogliono andare allo scontro sul rapporto politica-affari». È un Matteo Renzi indignato, quello che sabato sera, al telefono con un amico, annuncia il contrattacco ai colpi bassi del segretario Pd.
Contrattacco puntualmente arrivato, e d'altronde lo stato maggiore Pd avrebbe facilmente potuto immaginarselo, quando ha aperto una furiosa polemica contro i finanzieri delle Cayman: bordate su Mps, dove «si è riusciti in 15 anni a distruggere 600 anni di storia»; cannonate su Telecom e su D'Alema che da premier (con Bersani ministro) «alla vigilia dell'Opa definiva capitani coraggiosi quelli della cordata»; scudisciate sulla Banca del Salento del dalemiano De Bustis. Il colpo più facile Renzi però se lo è tenuto in canna: a Torino non ha menzionato Unipol né Penati, come esempi di rapporto ambiguo tra politica (di sinistra) e finanza. I suoi fanno capire che non si tratta di una dimenticanza, e che anche su quello si andrà à la guerre comme à la guerre, quando sarà il momento. Magari per aprire un nuovo fronte polemico sui finanziamenti per i partiti e per le primarie. Penati fu il coordinatore di quelle di Bersani nel 2009 e, da presidente della Provincia di Milano, l'artefice dell'operazione Serravalle. Decise nel 2004 l'acquisto (a un prezzo fuori mercato) delle azioni dell'autostrada dall'imprenditore Gavio, con cui era stato messo in contatto proprio da Bersani. Gavio, successivamente e forse solo per fortuita coincidenza, partecipò alla scalata Unipol-Bnl, quella di «Abbiamo una banca». «Prego il Signore che non ci sia connessione tra le due cose, sarebbe una bomba atomica», ebbe a dire l'ex Ds Fabio Mussi. La bomba finora non è scoppiata, Penati non è ancora stato rinviato a giudizio, e alle prossime primarie ha annunciato di voler votare per Bersani.
Che capitoli sgradevoli si sarebbero riaperti, d'altronde, Bersani poteva aspettarselo, ed era stato pure avvertito. Arturo Parisi, che nella famosa «estate dei furbetti» del 2005 aveva sollevato la «questione morale» della sinistra, lo diceva domenica al Corriere della Sera: «Vedrete che cosa verrà fuori ora, con contorno di Unipol, merchant bank e chi più ne ha più ne metta». E anche Pietro Ichino, dalle colonne del Foglio, accusava di «incoerenza» Bersani e D'Alema, che «hanno praticato mille volte, in incontri aperti o a porte chiuse» quel «mondo dell'economia e della finanza» che demonizzano se parla con Renzi. E che «non credo possano negare di aver ricevuto finanziamenti da imprenditori per la loro attività politica personale o per il partito». Il segretario del Pd in quel mondo può contare appoggi importanti, anche in vista delle primarie: dalla Compagnia delle Opere dell'amico Vittadini alle Coop.
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