Roma - L'autoesilio post-elettorale è durato otto mesi. Circa 250 giorni per disintossicarsi dallo shock, riflettere su una carriera che lo ha portato a guidare o addirittura fondare quattro partiti politici, Msi, Alleanza nazionale, Pdl e Fli, - scomparsi, abbandonati in condizioni di abbandono morale o materiale o comunque non esattamente in straordinarie condizioni di forma - e tornare a immaginarsi e proiettarsi su un palcoscenico politico, lontano da quello 0,4% delle Politiche, vero e proprio marchio di infamia per chi, nel bene e nel male, tra illusioni e dissipazioni, ha scritto pagine della storia dell'ultimo ventennio.
È una parabola forse scontata quella di Gianfranco Fini. Per uno che ha vissuto, e bene, soltanto di pane e politica, uscire dal suo territorio e rassegnarsi alla condizione di pensionato è una avventura difficile da affrontare. Il morso dell'astinenza è difficile da controllare. Così dopo essersi costruito attraverso un libro di memorie e rancori un biglietto da visita con cui avere nuovo accesso a televisioni e giornali e aver costituito l'ennesima fondazione, ora torna a individuare il bagliore del suo focolare più naturale, quello della politica, e a immaginarsi di nuovo generale, forse rimpiangendo sotto sotto perfino i colonnelli di un tempo.
Il segnale «attenzione ritorno imminente» viene acceso in una intervista a l'Unità, tra smentite che non smentiscono e fantasticherie che tradiscono. «Non sono in Parlamento, non intendo candidarmi, ma la politica è la polis il luogo del dibattito. Ho creato la Fondazione Liberadestra per alimentare il dibattito non per creare l'ennesimo nuovo partito, è una bufala», spiega. «Con Alfano potrebbe creare il nuovo soggetto di destra?» gli viene chiesto. E qui, come un ventaglio aperto con lentezza allusiva, inizia a chiarire il suo disegno. «Be', più che di destra, è interessante il suo riferimento al Ppe. Alfano non è mai stato di destra. Secondo me in Italia è opportuna la nascita di una forza che si rifaccia ai principi del Ppe, perché non è l'Internazionale Dc, è un partito plurale di centrodestra come sarebbe dovuto essere il Pdl, dove invece ogni dissenso viene represso». «Ma con chi lo farebbe questo soggetto? Con Alfano? Con Passera no perché non ci sta. Montezemolo, Casini?», incalza l'intervistatrice. «Con Alfano, Passera, Paperino. Non mi riferisco alle persone, chi si ritrova su certi contenuti è compatibile con la mia idea di centrodestra. Siccome Alfano ha parlato di Ppe, bisogna capire cosa si intende per Ppe italiano».
Il nuovo sollecito giornalistico è diretto: «Con lui può esserci un confronto?». La risposta resta sospesa. «Sentiamo come la pensa, intanto». L'ultima domanda è per il suo recente passato, ormai apparentemente dimenticato. «Che fine ha fatto Fli? E chi gli era vicino? Bocchino, Flavia Perina?». «Lo gestisce Menia, visto che è in piedi un minimo di struttura sta lavorando per capire se è possibile rimettere insieme la destra. Flavia ha fatto una scelta politico-giornalistica. Bocchino? Lavora». Per il resto c'è tempo per far sapere, se mai ce ne fosse bisogno, che «se fossi in Parlamento voterei per la decadenza di Berlusconi».
E per liquidare come «tentativi velleitari» le iniziative per riportare alla luce An, nel giorno in cui Francesco Storace (tra i presenti l'ex moglie di Fini, Daniela Di Sotto) prova ad avviare il motore della rifondazione del partito di via della Scrofa. Un distacco dal proprio mondo d'origine evidentemente ritenuto necessario per poter riedificare se stesso sulle macerie del proprio passato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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