Il folle scambio Italia-Romania A noi i criminali, a loro le imprese

Dalla fine del comunismo un romeno su otto è emigrato. Da noi è la comunità che commette più reati. E a Bucarest 35.000 aziende italiane sfornano il 10% del pil

Il folle scambio Italia-Romania A noi i criminali, a loro le imprese

Dalla caduta del comunismo nell'Europa Orientale tre milioni di romeni hanno lasciato il loro paese, come se da noi si fossero svuotate Sicilia e Campania. Un terzo di questo marea umana ora vive in Italia. La stragrande maggioranza è di certo gente onesta, ma con Bucarest in Europa dal 2007, l'Italia è sempre più l'Eldorado dei delinquenti di Bucarest. Secondo i dati della Polizia di stato le segnalazioni di romeni denunciati o arrestati nel 2008 erano 42.177 e l'anno dopo 43.228.
Negli stessi anni, dall'Italia è partito un altro esodo in direzione contraria. Il «cambio» non ci è convenuto: noi abbiamo impiantato da loro 35mila aziende che godono dei privilegi del mercato unico, ma non dei disagi dell'euro, non ancora adottato in Romania. Così loro hanno perso il 13% della popolazione, ma guadagnato un 10% di ricchezza: a tanto ammonta la quota del Pil portata in dote dal «made in Italy» traslocato in Romania.
Uno scambio folle, che come risultato vede i romeni nelle galere italiane come seconda popolazione carceraria fra gli stranieri, con 3661 detenuti in costante crescita. Peggio ancora se si guarda «all'altra metà del crimine»: una detenuta straniera su quattro è romena, un record, legato anche al fatto che la criminalità importata da Bucarest si è specializzata nello sfruttamento della prostituzione e nell'immigrazione clandestina dai paesi dell'Est.
Il dato preoccupante è che i delinquenti romeni si stanno organizzando in vere e proprie mafie che fanno impallidire quelle locali. Il 20 giugno sono stati emessi 17 ordinanze di custodia cautelare della procura di Torino dirette ad altrettanti romeni per associazione per delinquere di tipo mafioso, traffico di stupefacenti e altri reati.
«È la prima volta nella nostra storia che l'accusa viene mossa ad una struttura mafiosa composta da stranieri operante sul territorio italiano», ha sottolineato Gian Carlo Caselli, procuratore capo nel capoluogo piemontese. E nel 2009, il ministro della Giustizia romeno, Catalin Preodiu, aveva fatto trapelare un dato allarmante: il 40% dei ricercati con mandato internazionale emesso da Bucarest si trovava in Italia.
Lo stesso anno, secondo i dati del Viminale, i romeni si erano macchiati di 107 tentati omicidi, 2211 lesioni dolose, 21 abusi sessuali su minorenni, 12572 furti, in crescita rispetto ai 12371 dell'anno prima, 1302 rapine, 1135 truffe informatiche. Per droga erano fioccati 470 denunce o arresti e 602 per lo sfruttamento della prostituzione.
Fin dal 2004 i romeni erano al primo posto tra gli stranieri per gli omicidi volontari, i furti in abitazione e il reato di stupro.
Un fenomeno non governato fino al 2006, quando le polizie dei due paesi hanno avviato scambi di agenti operativi, sei super poliziotti romeni, che danno la caccia ai loro connazionali. Uno di questi, George, che ha catturato decine di latitanti, è alla questura di Nuoro. «Da noi le cose sono più semplici - ha spiegato senza peli sulla lingua - chi sbaglia va dritto in galera, e non ne esce. I nostri delinquenti lo sanno. E cercano di venire a fare danni in altri paesi, più evoluti, più democratici, ma anche più "facili" per loro».
Secondo gli ultimi dati ufficiali i romeni in Italia sono 968.576, la prima popolazione straniera. In realtà il numero reale si aggirerebbe sul milione e 300mila. C'è, ovviamente, anche tanta gente che lavora. Come contribuenti nel nostro paese sono i primi fra gli stranieri, grazie al numero, con un'incidenza del 18,1%, anche se dichiarano solo 9100 euro in media. Ma anche il lavoro onesto ha contribuito, come dicono i dati della Fondazione Leone Moressa, parecchio allo sviluppo della Romania. Ii romeni, dopo i cinesi, inviano il maggior volume di rimesse in patria per un totale di 894 milioni di euro.
Lo «scambio» segna un bilancio decisamente in rosso per noi. La Romania è stata «invasa» da imprese italiane. Il nostro paese è il secondo partner commerciale dopo la Germania.
L'emorragia è finita, ma ci è costata cara. «La delocalizzazione degli anni novanta è una fase conclusa. Adesso gli investimenti italiani si sviluppano nell'agricoltura e nelle energie rinnovabili, dal fotovoltaico all'idroelettrico», spiega da Timisoara l'avvocato Andrea de Polo, da 13 anni in Romania. Delle 35mila società una buona fetta è inattivo, ma l'interscambio ha raggiunto negli ultimi anni picchi di 12 miliardi. Del resto la Romania, facendo parte dell'Unione europea ma evitando i guai dell'euro sta conoscendo una brillante crescita economica.

«Il costo del lavoro è nominalmente in crescita - fa notare De Polo a Il Giornale - Ma se investo in euro compenso gli aumenti grazie al deprezzamento del leu, la valuta locale». Diamo lavoro a 800mila persone, mentre da noi c'è un boom di disoccupazione. Peggio per noi: lo scambio folle ormai è fatto, e l'Italia non è riuscita a gestirlo.

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