«Parlerò in Senato e chiederò a chi voterà a favore della mia decadenza di guardarmi negli occhi ed assumersi le sue responsabilità. Per la scelta di escludermi dal Parlamento per via non democratica, che reputo profondamente ingiusta. Ma anche per quanto accadrà dopo. Perché quando non avrò più l'immunità qualunque Procura che voglia un po' di ribalta mediatica potrà arrestarmi. Anche di questo il Parlamento si dovrà assumere la responsabilità: non solo il M5S e Sel, ma anche i nostri alleati di governo del Pd, dei Popolari e di Scelta Civica». A una settimana esatta dal voto di Palazzo Madama sulla sua decadenza da senatore, Silvio Berlusconi ha un chiodo fisso. Pubblicamente fa il possibile per evitare l'argomento, ma in cuor suo e nelle tante conversazioni private a Arcore come a Palazzo Grazioli - è soprattutto di questo che parla. Di quella che considera «una vera e propria violenza», la «strada più vigliacca per liberarsi di un avversario politico».
Un Cavaliere che nonostante le tante rassicurazioni sulla possibilità che il voto venga rinviato sembra a malincuore essere entrato nell'ordine d'idea che la decadenza comunque arriverà. D'altra parte, si rifletteva ieri a via del Plebiscito, dopo quanto accaduto con la sfiducia al ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri «il Pd non ha ormai alcun margine di manovra». Se ci sarà un rinvio, insomma, sarà di qualche giorno e non di più, perché è chiaro che il Partito democratico non si può permettere di arrivare alle primarie dell'8 dicembre senza aver servito la testa di Berlusconi al suo elettorato. Per questo l'ex premier è deciso a parlare in Senato presentando la nuova documentazione che arriva dal fisco americano sul ruolo di Agrama nei diritti tv Mediaset e puntando il dito sul Parlamento, chiedendo «una vera e propria assunzione di responsabilità». Se come è probabile i pm si scateneranno è il senso dei ragionamenti di Berlusconi allora nessuno potrà dire che non se lo aspettava. A cominciare da Angelino Alfano e da chi ha deciso di seguirlo nel Nuovo centrodestra, perché insiste in privato il Cavaliere - restare alleati e sedere nello stesso Consiglio dei ministri con chi mi manda in carcere è un comportamento più vile di quello dei miei carnefici.
Un Berlusconi che nonostante il passaggio delicatissimo della prossima settimana tiene un occhio anche ai destini del partito. Non è un caso che ieri abbia deciso di tenere le sue riunioni e un vertice con i big di Forza Italia non a Palazzo Grazioli ma nella sede di piazza in Lucina. Un modo per rispondere fisicamente alle polemiche degli ultimi giorni e ai dubbi di quei lealisti che lamentavano un approccio troppo soft rispetto ad Alfano. Smentite le ricostruzioni (piuttosto inverosimili) secondo cui l'ex premier avrebbe partecipato alla convention fondativa del Ncd, il Cavaliere cerca insomma di chiudere nei fatti la polemica sull'eccessivo estremismo di Forza Italia. «Il movimento non è né dei falchi né delle colombe, Forza italia è il senso della sua presenza nella sede di piazza in Lucina sono io e basta».
Così, al partito arrivano Denis Verdini, Sandro Bondi, Raffaele Fitto, Altero Matteoli, Maurizio Gasparri, Paolo Romani e via a seguire gli altri big. Sul tavolo i nodi da sciogliere sono soprattutto due: la nomina del capogruppo al Senato (si è vociferato che potrebbe essere lo stesso Berlusconi, pro tempore e simbolicamente in vista del voto sulla decadenza) e la posizione da tenere sulla legge di Stabilità. Il voto in commissione alla Camera è infatti previsto per fine settimana ed è chiaro che una linea va decisa prima.
Al momento la linea è quella di non votarla, ma le prossime ore saranno decisive. Per la legge di Stabilità come per la decadenza. «Perché dopo quel voto sintetizza un lealista che il Cavaliere lo conosce bene ogni scenario è possibile, compresi quelli più improbabili».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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