Non molto tempo addietro, durante un talk show politico, ricordo che erano stati invitati degli Ufficiali Giudiziari per chiarire i poteri di Equitalia e delle sue frequenti «entrate a gamba tesa» verso i debitori (spesso presunti) nei confronti dello stato.
Alla domanda specifica sulla possibilità di pignoramento per gli animali, l'invitato chiariva che, non solo quelli da reddito, ma anche «cani, gatti e canarini», compresi dunque quelli d'affezione, erano potenzialmente e legalmente pignorabili.
Immagino che milioni di persone all'ascolto siano trasalite nel sentire queste parole, prova ne sia che, il giorno dopo sui social network, si riversavano migliaia di messaggi provenienti non solo dagli ambienti animalisti, ma anche dal semplice cittadino che possedeva Fido, Silvestro o Titti, considerati bersagli per le vendette dei creditori statali.
Se ci fosse ancora qualche dubbio vedo di chiarirlo. Gli animali, vivi o morti, da reddito o d'affezione, sono considerati un «bene» e non gli è concessa alcuna tutela in quanto esseri dotati di sentimenti. Si pensi solo che in caso di maltrattamento, il reato che viene individuato dalla legge è quello in funzione del «sentimento per gli animali» e non «degli animali stessi». In altri termini, l'oggetto da tutelare è il sentimento dell'uomo che può essere scosso da un eventuale maltrattamento nei confronti del proprio animale. Del dolore psichico e fisico provato dall'animale stesso alla legge nulla cale.
In realtà va detto che il pignoramento degli animali d'affezione risulta poco applicabile e del tutto eccezionale, anche se possibile. Ne fa fede l'episodio, avvenuto non molto tempo fa, di cuccioli di cane sequestrati e messi all'asta dalla Guardia di Finanza. La legge dichiara pignorabili i beni cui si può attribuire un preciso valore economico e questo è certamente agevole per due vacche da latte, ma decisamente ostico per due gatti che hanno un valore squisitamente affettivo. Del resto la stessa legge, per evitare che il pignoramento possa trasformarsi in una sorta di ritorsione psicologica verso il debitore e per salvaguardarne la dignità, esclude il pignoramento di alcuni beni, quali oggetti di culto, fedi nuziali, letti, decorazioni al valore, armadi, vestiti, frigo e lavatrice ecc. Difficile dunque che il pignoramento, nei confronti di animali d'affezione, venga effettuato, ma obbiettivamente possibile, in quanto considerati dei «beni».
La battaglia per rendere anche questi «beni» non pignorabili è capitanata da Michela Vittoria Brambilla ex ministro del turismo e considerata universalmente e trasversalmente una «pasionaria» dalla parte del benessere animale. L'onorevole di Forza Italia, scende ancora una volta sul campo con una delle tante proposte di legge di segno animalista che la deputata ha presentato dall'inizio della legislatura.
«Ormai - spiega la Brambilla - si è affermata una nuova sensibilità collettiva. Gli animali domestici sono considerati alla stregua di veri e propri componenti della famiglia. Le loro esigenze vanno rispettate. Purtroppo, però, negli ultimi anni, in più di una vertenza giudiziaria, molti animali domestici sono stati pignorati e messi all'asta e sono finiti nelle mani di chiunque, esattamente come succede per auto e mobili o per qualunque altro oggetto superfluo».
La Brambilla si appella alla Convenzione di Strasburgo e al Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea che considera gli animali domestici esseri senzienti e come tali meritevoli di tutela Da qui la proposta di aggiungere al codice civile l'articolo 2911 bis, che mette al riparo tutti gli animali dal pignoramento e dall'asta giudiziaria.
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