Alcuni dei suoi più stretti collaboratori riferiscono che don Giulio Gatteri, parlando del suo testamento pochi giorni prima di morire, avesse detto: «Sarete soddisfatti, anzi, avrete anche qualche bella sorpresa».
La soddisfazione non è il sentimento che va per la maggiore in questi giorni tra i corridoi e i cortili della parrocchia di San Sebastiano a Lumezzane, nel bresciano, che don Giulio ha retto per vent'anni. Ma la sorpresa, quella sì, c'è stata tutta: il prelato, scomparso il 10 aprile scorso a 74 anni, dopo una lunga malattia, ha lasciato tutti i suoi averi a Valentina, la donna moldava che negli ultimi dodici anni è stata la sua perpetua.
Non qualche migliaio di euro, ma un tesoretto da 800mila euro, tra contanti e titoli bancari. Facendo un rapido calcolo, è come se la donna - oltre alla normale retribuzione che si suppone abbia ricevuto nel corso del tempo - abbia ricevuto oltre 66mila euro per ogni anno di servizio.
Ecco perché l'apertura del testamento ha mandato su tutte le furie la diocesi. Per conto della quale don Roberto Ferazzoli, il sacerdote di 49 anni che ora, dopo la morte di don Giulio, svolge il ruolo di amministratore apostolico, cioè di «parroco provvisorio» di San Sebastiano a Lumezzano, ha chiesto il blocco della successione: di questo, e del sequestro preventivo dei conti dell'ex parroco, si parlerà domani in tribunale.
Non è solo una venale guerra per la successione ereditaria. La vera domanda è: come ha fatto un parroco di un paesino ad avere accumulato quella piccola fortuna?
Gli «stipendi» dei preti, elargiti dall'Istituto per il sostentamento del clero, si calcolano con dei punti in base all'anzianità: un punto vale circa 11 euro e scatta ogni cinque anni. La paga mensile lorda di un sacerdote può oscillare tra 800 e poco più di mille euro a seconda che abbia preso i voti da poco tempo o da anni.
Come facesse don Gatteri ad avere tutti quei soldi è la domanda che in molti si sono posti. E dalla risposta a quella domanda nasce il sospetto della curia secondo cui, in realtà, il prelato abbia lasciato alla fortunata badante non solo il suo patrimonio personale, ma anche i beni parrocchiali, offerte dei fedeli comprese. Che potrebbero essere stati trasferiti dal conto della parrocchia a quello personale di don Giulio. Anche se, per effettuare questo tipo di operazioni, i sacerdoti devono richiedere l'autorizzazione del vescovo. Che, in questo caso, manca, o almeno in via ufficiale non ve n'è traccia.
Eppure qualcosa non torna. Don Gatteri prima di morire aveva spiegato ai suoi collaboratori che tutte le sue disposizioni erano contenute in una cartellina gialla. E aveva indicato loro il punto del suo studio dove questa era stata riposta. Invece, adesso, di quei documenti non c'è traccia. Al loro posto solo un testamento olografo (sul quale forse verrà chiesta una perizia calligrafica per accertarne l'autenticità) che dispone di lasciare tutto a Valentina.
Lei, la diretta interessata, per ora tace. Alcuni fedeli, invece, ai microfoni di Tgcom 24, parlano: c'è chi esprime stupore e perplessità rispetto alla notizia, sottolineando che «don Giulio era una brava persona», e chi fa notare che somme del genere andrebbero destinate a opere di carità e ad aiutare «i poveri, non una povera».
Solo la metà del tesoretto lasciato dal prelato sarebbe sufficiente a ristrutturare la chiesa e la parrocchia: di questi lavori, finché è stato in vita, don Giulio si era occupato, accendendo una serie di mutui. Le cui rate, aveva rassicurato prima di morire a chi lavorava gomito a gomito con lui da anni, sarebbero state pagate proprio con quei fondi parrocchiali.
Invece, dopo la sua morte, i pagamenti successivi non sono più stati saldati.
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