È molto soddisfatto il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, intercettato dai cronisti mentre stava lasciando il Senato dove è in corso la discussione sulla manovra, in attesa della prima approvazione (poi sarà la volta dell'esame da parte della Camera). "Sono soddisfatto. È come arrivare in vetta, il sentiero è tortuoso ma l'importante e arrivare in vetta, non c'è un'altra strada". Nel pomeriggio non è escluso che il ministro intervenga in Aula nel corso delle repliche.
"La realtà è che non ci sono spaccature nella maggioranza o tensioni nella Lega", ha detto il capogruppo della Lega al Senato Massimiliano Romeo. "Abbiamo lavorato e poi strada facendo si è cercato di correggere le cose che erano importanti". Piena fiducia in Giorgetti? "Certo, assolutamente - ha risposto -. Le opposizioni vogliono le dimissioni di Giorgetti. Che continuino a sognare".
Il senatore di FdI Guido Liris, relatore della manovra di Bilancio, afferma che "oggi il governo Meloni ha messo in campo una manovra che rappresenta una vera svolta storica per l’Italia, in particolare per le nostre regioni meridionali. Grazie a questo intervento, usciremo dalla procedura di infrazione un anno prima del previsto, liberando così la nostra economia dai vincoli che l’hanno ingessata. Questa manovra - prosegue - non solo favorirà una crescita sostenibile, ma destinerà risorse fondamentali a settori cruciali come la natalità, l’istruzione, l’industria e la sanità. Siamo qui per scrivere una nuova pagina di storia per il nostro Paese, migliorando concretamente la qualità della vita degli italiani e rafforzando la nostra presenza in Europa.Abbiamo mantenuto sotto controllo indicatori vitali - osserva il parlamentare di FdI -, come lo spread sotto i 70 punti e il rapporto deficit/PIL sotto il 3%, risultati che segnano un vero record nella recente storia economica italiana. Siamo fieri di presentare una legge di bilancio capace di elevare la nostra posizione nei rating internazionali, destinando risorse vitali a quei servizi essenziali che il nostro popolo merita", conclude Liris.
Soddisfazione anche da parte di Giovanni Donzelli, deputato di FdI, in un'intervista al Corriere: sulle pensioni "ci sono state divergenze tra il ministro Giorgetti della Lega e alcuni parlamentari dello stesso partito. Ma la compattezza della coalizione ha evitato che tutto questo si trasformasse in difficoltà per gli italiani, prima che per la maggioranza di governo". Donzelli rivendica per il suo partito l'impegno sulla "detassazione dei premi di produzione, degli investimenti sulla sanità e sulla sicurezza, grazie ai quali 37 mila uomini e donne in divisa sono stati assunti e altri 31 mila lo saranno. E per gli 8,5 miliardi per la nuova transizione 5.0". Infine, sui tagli ai fondi di coesione, Donzelli ha commentato così: "Non sono tagli, ma spostamenti delle risorse studiati per investire in modo più intelligente".
"Giorgetti è per il governo quel che Modric è per il Milan", dice Maurizio Lupi, leader di Noi Moderati, in un'intervista al Corriere. Nella maggioranza alle prese con la legge di Bilancio c'è "solo fisiologico dibattito parlamentare. Sono trent'anni che, con l'approssimarsi del voto sulla Manovra, si accendono discussioni, perfino liti. Che non scalfiscono l'alleanza di governo. La manovra rimane salda su due pilastri: le misure che rinsaldano l'alleanza tra famiglia e scuola, lavoro e imprese per garantire maggiore coesione sociale e crescita".
Durissimo l'affondo di Stefano Patuanelli, capogruppo M5S: "Questa non è una manovra. È una resa. La Legge di bilancio 2026 del Governo Meloni nasce morta, e lo certifica lo stesso Governo: impatto zero sulla crescita. Zero. Come se non esistesse. È la manovra più piccola dal 2014, 22 miliardi scarsi, inutile davanti alle quattro vere emergenze del Paese: salari, povertà, inflazione alimentare e crisi industriale. Mentre i salari reali sono ancora -8,8% rispetto al 2021, mentre 5,7 milioni di persone sono in povertà assoluta, mentre il cibo costa +25% in quattro anni e la produzione industriale crolla da tre anni consecutivi, il Governo porta in Aula una manovra che non muove nulla. Non rilancia i consumi. Non sostiene le imprese. Non protegge i più fragili. Però una cosa la fa benissimo: taglia, tassa e impoverisce".
Antonio Misiani (Pd) nel suo intervento in aula al Senato afferma che "questa legge di bilancio arriva in una fase difficile per il Paese, ma non offre una prospettiva. I conti tengono, lo spread scende, il rating migliora, ma l'Italia resta socialmente ed economicamente fragile. La crescita è ferma allo zero virgola, la produzione industriale è in calo da anni, filiere strategiche come automotive e siderurgia sono in crisi. Senza il PNRR saremmo già in recessione. Intanto l'occupazione cresce ma solo tra gli over 50, i salari reali non recuperano e la povertà, anche lavorativa, è ai massimi. La manovra è in grado di far ripartire il Paese? La risposta è no, perché quella che discutiamo è una manovra debole, difensiva, pensata più per rassicurare mercati e agenzie di rating che per affrontare i nodi strutturali del Paese. Non è una manovra di svolta, ma di attesa", prosegue Misiani, criticando anche "l'aumento della spesa militare su base nazionale, che sottrae risorse a sanità, scuola e investimenti".
Dura anche la valutazione sulla previdenza: "Il Governo ha tentato di fare cassa sulle pensioni ed è finito diviso e delegittimato. Non è solo un problema di merito, ma di credibilità: le pensioni sono parte del patto sociale".