"I bimbi inginocchiati in moschea? È stato oltrepassato il limite"

Il governatore del Veneto Luca Zaia: "La visita ci può stare, ma si è mancato di rispetto a quelli di fede cattolica"

"I bimbi inginocchiati in moschea? È stato oltrepassato il limite"
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Luca Zaia è da molti anni il presidente della Regione Veneto. In Veneto c'è Treviso e in provincia di Treviso c'è una scuola materna paritaria, cristiana, che nei giorni scorsi ha deciso di portare i bambini - dai 3 ai 5 anni - a visitare una moschea. I bambini sono stati fatti inginocchiare per pregare rivolti alla Mecca. E hanno dovuto ascoltare i sermoni di un Imam.

Presidente le è sembrata una bella idea?

«Vede, io parto da un dato: solo il 16 per cento della popolazione mondiale si dichiara ateo. Vuol dire che l'84 per cento degli 8 miliardi e mezzo di persone viventi crede in qualcosa. Quindi il dialogo interconfessionale è utile: serve a costruire una rete di pace, di rispetto, e comprensione reciproca».

Del resto da molti anni la Chiesa cattolica si batte per il dialogo.

«Verissimo. Mentre in altre religioni, talvolta, il dialogo e l'apertura costituiscono un problema».

Si riferisce all'islam?

«Beh, penso ad esempio alla mancanza di rispetto di molte persone che si identificano nell'islam verso la donna. Molti episodi sono avvenuti anche nella nostra comunità».

Tuttavia lei è favorevole al dialogo e alla conoscenza reciproca?

«Certo. E noi da ragazzini studiavamo la storia delle religioni. E ci parlavano del monoteismo, del politeismo, dell'islam, dell'ebraismo. Le grandi religioni monoteiste hanno origini comuni».

Quindi giusto visitare una moschea?

«Che ci sia una visita alla moschea ci può stare. Però dalle immagini che ho visto mi pare che li hanno fatti inginocchiare fronte a terra, rivolti alla Mecca, mimare una preghiera, ascoltare i discorsi dell'imam...»

Si è passato il limite?

«Sì. Per tre aspetti. Primo: va rispettata la fede religiosa di chiunque. Immagino che molti di questi bambini provengano da famiglie cattoliche. Si è mancato loro di rispetto. Secondo. Non si è rispettato l'aspetto identitario. Se tu ti dichiari cattolico, ma anche se ti dichiari ateo, comunque la tua identità ha profonde radici cristiane. Non può essere violata o cancellata».

Terzo aspetto?

«Quello della reciprocità. Noi sappiamo benissimo che abbiamo dei bambini musulmani che escono dalla classe nell'ora di religione. Giustissimo. Immagini se una insegnate cattolica avesse costretto dei bambini musulmani ad andare in una chiesa cristiana a pregare?».

Sarebbe scoppiato uno scandalo...

«Sì, sarebbe scoppiato giustamente. Nessuno deve essere obbligato a pregare un altro Dio».

Poi c'è il problema formativo...

«Importantissimo. Dal punto di vista formativo questi sono bambini nell'età dell'imprinting (ce lo spiegava un grande scienziato come Konrad Lorenz). Assorbono tutto. Ricordano e ne sono condizionati per tutta la vita

Non crede che questo episodio rientri in quella idea secondo la quale tocca a noi integrarci nella loro cultura e non viceversa?

«Vede, anche questa operazione è figlia di identità profondamente cristiana. Questo è il paradosso. Solo un cristiano può porsi il problema di non andare a urtare un musulmano. Noi siamo quelli del porgi l'altra guancia, siamo per il rispetto estremo della persona. Benissimo. Però dobbiamo evitare che questo inneschi un processo di autocastrazione identitaria».

Che poi finiamo per autovietarci il presepe, il crocefisso...

«Presepe e crocefisso hanno un profilo religioso, ma ancora di più un profilo identitario della nostra civiltà. Follia vietarli o nasconderli».

Ma in una società multietnica?

«Quando una società multietnica diventa una spinta a nascondere le proprie radici per non offendere nessuno, non è più rispetto: è una forma di rinuncia collettiva. Senza identità non c'è integrazione ma solo disorientamento e perdita di coesione».

Le maestre si sono dovute mettere il velo.

«Le maestre avrebbero dovuto spiegare intanto che la Madonna, Maria, è l'unica donna citata nel Corano ed è molto rispettata dai musulmani».

La religione

musulmana ci insidia?

«Non dobbiamo aver paura delle altre religioni. I cittadini sono tutti uguali. Ma ognuno ha la sua identità. Se vai in un ristorante indiano mangi il curry. Se vieni da me mangi la polenta».

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