Le grandi banche italiane che hanno prestato a Sorgenia 1,8 miliardi di euro e che hanno appena concesso alla società elettrica il congelamento delle scadenze fino al luglio del 2014, chiedono alla Cir, la holding della famiglia De Benedetti che controlla il 53% della società elettrica, di fare la sua parte. In pratica di partecipare a un aumento di capitale. I De Benedetti nicchiano perché hanno poca voglia di mettere mano alle casse della Cir e dunque andare a toccare i 350 milioni netti che sono arrivati dalla Fininvest dopo la sentenza della Cassazione sul Lodo Mondadori.
Per questo la famiglia dell'Ingegnere ha preso tempo, dando sì una vaga disponibilità, ma a due condizioni: la prima è che anche gli austriaci di Verbund, soci al 45% di Sorgenia, facciano lo stesso; la seconda è che anche le banche partecipino alla ricapitalizzazione, un po' sul modello Alitalia. La trattativa è appena avviata e dunque si vedrà. Ma c'è da scommettere che non sarà agevole. Verbund, da quel che si capisce, non è affatto intenzionata a sborsare nuovi quattrini in Sorgenia, avendo negli anni già partecipato a costosi aumenti di capitale. Si pensi che nel 2008 gli austriaci hanno investito 200 milioni in una ricapitalizzazione - allora equivalenti a una valutazione del gruppo di ben 3,3 miliardi - quando il valore di carico dell'intera partecipazione di maggioranza dei De Benedetti nel gruppo Sorgenia è iscritta nel bilancio Cir del 2012 a soli 208 milioni. Insomma, è difficile che Verbund abbia molta voglia di seguire ancora la famiglia dell'Ingegnere (che come noto ha ceduto tutte le sue azioni Cir ai figli) su Sorgenia. Tanto che continuano a circolare le voci di una richiesta degli austriaci di concordato preventivo.
Per le banche sarebbe un bel problema perché, a ben guardare, sul caso Sorgenia rischiano di perdere molti quattrini. Ma chi è causa del suo mal...: come è stato possibile prestare 1,8 miliardi a un gruppo energetico che negli ultimi anni, sul picco di 2,5 miliardi di fatturato, non ha mai prodotto più di 200 milioni di margine operativo lordo (ebitda)? Nel piano appena presentato alle banche, Sorgenia dichiara un ebitda di 110-120 milioni nel triennio prossimo, 2014-2016. Quindi ancora peggio dei margini passati.
Il punto è che le banche prima della crisi hanno erogato credito sulla base di stime di margini e ricavi rivelatesi poi completamente sballate. Il fatturato 2013, per esempio, era stato stimato a 3,9 miliardi, quando nei primi 9 mesi è arrivato solo a 1,7. In altri termini non ci sono le condizioni per generare una cassa sufficiente a sostenere il debito. A parità di parametri di produzione e redditività, nessuna banca concederebbe oggi (e probabilmente neanche ieri) una proporzionale quantità di credito a nessun imprenditore, medio, piccolo o grande. A meno di non ricevere in cambio adeguate garanzie reali.
E qui cade un altro asino: quali sono le garanzie che le banche hanno chiesto a Sorgenia per gli 1,8 miliardi fin qui prestati? Non è facile scoprirlo per la privacy che circonda la clientela bancaria e questa operazione in particolare. Ma sembra che la maggior parte degli importi, come le analoghe operazioni di finanziamento avvenute nel comparto energia prima della crisi economica, non avesse altra garanzia che i flussi di cassa futuri. Da fonti finanziarie si apprende che non sono state date né azioni Cir, né azioni Sorgenia in pegno. Così Mps, la banca più esposta per oltre 500 milioni, può solo sperare che la domanda di energia termica riprenda improvvisamente a volare.
Mediobanca (esposta per 140 milioni), Intesa (un centinaio), Unicredit, Bpm e Ubi (circa 60 a testa), avrebbero richiesto anche garanzie reali quali gli immobili strumentali, cioè le centrali. Ma anche in questo caso, visto i valori di potenziale realizzo, nessuno può stare tranquillo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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