I giudici del Tar bocciano le staminali della speranza

I giudici del Tar  bocciano le staminali della speranza

Smeralda, sedici mesi, ora siede su una carrozzina. Niente male per una bimba intubata dalla nascita per asfissia polmonare da parto. Celeste, due anni, malata di atrofia muscolare spinale, l'unica al mondo sopravvissuta oltre i diciotto mesi, ieri ha mosso le gambe e la fisioterapista era felice: «Mi ha dato quasi un calcio».
Migliorano le due bambine. Progrediscono grazie alla cosidetta terapia avanzata scoperta da Marino Andolina che utilizza cellule staminali adulte per arginare, forse curare, malattie neurovegetative gravissime. Per le due bimbe la speranza di una cura alternativa è diventa realtà. Possono proseguire la terapia grazie all'intervento di due pretori del lavoro, di Venezia e Catania, che hanno dato carta bianca ad Andolina nonostante il parere negativo di Aifa e Ministero della Salute. Invece, c'è una battuta di arresto per dodici coppie di genitori che hanno puntato sulla terapia alternativa per evitare una morte certa ai loro bambini, come il papà e la mamma di Daniele. Ieri il Tar di Brescia li ha delusi perché non ha autorizzato l'uso urgente delle staminali preparate dall'Onlus Stamina Foundation. Ma ha lasciato uno spiraglio. Dopo aver confermato la sospensiva dell'Aifa all'utilizzo delle staminali, ha deciso di analizzare la questione con una sentenza di merito il prossimo 16 gennaio. Per ora, dunque, il laboratorio attrezzato agli Spedali di Brescia può elargire cure solo alle due bambine «graziate dai giudici civili». Gli altri malati non sono ammessi a meno che non avvivino un immediato iter civile che dia loro ragione. E si assiste al seguente paradosso: cure sperimentali solo a chi se lo può permettere, nessuna cura a quelli che non hanno i soldi per fare ricorso. Succede, purtroppo, quando i giudici si mettono in mezzo a questioni mediche delicate, a terapie non scientificamente provate che però, a volte, infondono speranze. Ma il dottor Andolina, padre della nuova cura, pensa a quelli danneggiati dal Tar. «Sono circa 500 i malati lista e purtroppo solo i benestanti potranno ricorrere ai tribunali. Gli altri restano fino a gennaio fuori dalla cura. E agli Spedali di Brescia siamo alla farsa: ci aprono il laboratorio solo per le due bambine in cura e ogni giorno viene riavviato il contratto con la Fondazione Stamina».
Ma come si è arrivati a questo scontro istituzionale a suon di carte bollate? Tutto è partito da un'indagine del pm di Torino Raffaele Guariniello, che a maggio aveva inviato Nas e funzionari dell'Aifa agli Spedali civili di Brescia. Subito dopo l'ispezione le cure alle piccole pazienti erano state sospese perché, secondo il rapporto, «il laboratorio non era assolutamente inadeguato, non igienico, senza protocolli di lavorazione, senza accertamenti di alcun tipo sul materiale biologico prodotto, con medici inconsapevoli di cosa stanno iniettando, con cartelle cliniche vaghe e irregolari, senza alcuna sperimentazione clinica ufficiale autorizzata». Accuse pesanti ma annullate dai giudici civili che avevano riabilitato il labortarorio e riattivato le cure a Celeste e Smeralda, giudicandole «compassionevoli e non frutto di sperimentazione clinica».
Ma non tutti sono d'accordo con le scoperte di Andolina. L'Associazione FamiglieSma prende le distanze dal metodo di Stamina perché «non vi è alcun dato scientificamente valido a supporto dell'efficacia del trattamento». Un lungo elenco di neurologi esperti criticano la ricerca perchè non è supportata da alcuna pubblicazione scientifica.

Ma se chiediamo al medico additato come un apprendista stregone come mai non abbia attivato la proceduta di sperimentazione, lui risponde candidamente: «Sono un pensionato, non ho mezzi né fondi per farmi strada ma ho fatto una richiesta di sperimentazione al ministero della Salute un anno fa ed è caduta nel vuoto».

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